Fibromialgia
Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione della fibromialgia.

La fibromialgia, o sindrome fibromialgica, è considerata una malattia reumatica6 caratterizzata da dolore muscoloscheletrico cronico diffuso, affaticamento, disfunzione cognitiva, disturbi del sonno, umore basso5, ansia, depressione e rigidità. A questi segni e sintomi si sommano una serie di altre manifestazioni che impattano sulla qualità della vita dei pazienti1.
La stima della prevalenza della sindrome è compresa tra il 2% e il 4% nella popolazione mondiale. Vi è una forte predominanza femminile e si riscontrano percentuali più elevate tra le persone obese e i pazienti con malattie reumatiche autoimmuni.
La fibromialgia rappresenta purtroppo un notevole fardello economico per i sistemi sanitari e la società. Infatti, una percentuale significativa di pazienti continua a soffrire di sintomi cronici, nonostante la disponibilità di terapie raccomandate, e mostra una compromissione della qualità della vita. Inoltre, l’onere della fibromialgia è esacerbato dall’elevata presenza di condizioni psicologiche e fisiche in comorbilità che possono complicare la gestione dei pazienti fibromialgia, contribuendo a un uso inefficiente delle risorse sanitarie.
Una comprensione di questo complesso disturbo potrebbe quindi migliorare la qualità della vita dei pazienti e avere un impatto significativo sui costi diretti e indiretti associati alla sindrome8.
Tipologia di paziente
La fibromialgia è diffusa prevalentemente nelle femmine rispetto ai maschi e nelle persone di mezza età (30-50 anni) o oltre i 50 anni1. La presenza di disturbi mentali è comune tra i pazienti. In questo senso, si stima che la prevalenza della depressione nei pazienti con fibromialgia varia dal 41 all’89%, mentre i disturbi d’ansia vanno dal 41 al 77%6. Anche sintomi come affaticamento, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione sono comuni in oltre il 70% dei pazienti6.
L’eterogeneità dei sintomi porta spesso a una diminuzione dell’operatività della persona nelle attività della vita quotidiana, a una diminuzione della produttività lavorativa e della qualità della vita in generale. I pazienti mostrano conseguentemente a questi fattori una bassa aderenza alla terapia, contribuendo così all’aumento dei costi correlati alla patologia8.
Patofisiologia
Sebbene l’origine della fibromialgia sia ancora sconosciuta, ci sono alcune ipotesi sullo sviluppo della riduzione della soglia del dolore.
Fattori fisiopatologici tra cui l’alterazione del sistema nervoso centrale, l’alterazione del sistema nervoso periferico ed autonomo, la fisiologia muscolare ed immunitaria, fattori ormonali, fattori neuroendocrini, marcatori infiammatori, influenze genetiche e influenze psicosociali producono infatti un’alterata elaborazione del dolore1,6.
Inoltre, le modificazioni dell’umore dei pazienti correlate a fibromialgia (depressione e ansia) potrebbero essere espressione di processi infiammatori a causa del rilascio di citochine nell’organismo prodotto da questi stati. Pertanto, l’ipotesi patofisiologia più accreditata si riferisce alla sensibilizzazione centrale a completamento del processo infiammatorio di base3,6,7.
L’International Association for the Study of Pain (IASP) definisce la sensibilizzazione centrale come “aumento della reattività dei neuroni nocicettivi nel sistema nervoso centrale al loro input afferente normale o sotto la soglia”.
I mediatori dell’infiammazione rilasciati dalle cellule immunitarie e dalle cellule non neuronali nella periferia, come l’interleuchina-1 (IL-1), l’interleuchina-6 (IL-6) e il fattore di necrosi tumorale (TNF) svolgono, nei modelli animali presi in esame, un ruolo essenziale nella sensibilizzazione al dolore.
Il ruolo di tali mediatori nella fisiopatologia del dolore centrale nell’uomo deve ancora essere confermato, tuttavia è importante sottolineare che il cambiamento nella soglia del dolore umano si osserva non solo nei siti articolari dolorosi, dove potrebbe essere mediato dalla sensibilizzazione periferica, ma anche nei siti extra-articolari, suggerendo una diffusione “centralizzata” dell’iperalgesia. Ovviamente, però, non è ancora possibile trarre delle conclusioni definitive sui collegamenti tra i processi infiammatori reumatici e l’alterazione della soglia del dolore7.
A livello clinico possiamo presumere degli adattamenti centrali e periferici, visti i miglioramenti ottenuti sulle variabili legate al dolore con terapie attive3.
Il sistema di inibizione discendente del dolore svolge un ruolo importante nell’analgesia indotta dall’esercizio osservata nei pazienti con dolore cronico. Inoltre, l’esercizio promuove i meccanismi di neuroplasticità (molto importante in caso di sensibilizzazione centrale)3 e i meccanismi oppioidi e serotoninergici potrebbero modulare i sintomi attraverso le aree di elaborazione del dolore nel sistema nervoso centrale3.
L’esercizio aerobico, di rafforzamento e mente-corpo riduce la neuro-infiammazione, aumenta il rilascio endogeno di oppioidi e serotonina e influenza i livelli di dopamina e norepinefrina, spiegando il miglioramento della maggior parte dei sintomi della fibromialgia5.
I miglioramenti ottenuti sull’intensità del dolore dopo le tecniche manuali potrebbero invece essere il risultato dell’interazione di processi locali, segmentali e centrali che inibiscono i meccanismi di sensibilizzazione al dolore e facilitare i meccanismi inibitori del dolore3.
Gli effetti della terapia manuale potrebbero coinvolgere mediatori biomeccanici, come la procedura terapeutica e gli adattamenti tissutali, e mediatori neurofisiologici, tra cui la diminuzione dell’ambiente infiammatorio, l’eccitazione del sistema nervoso simpatico e la modulazione delle fibre nervose afferenti3.
Allo stesso modo, altri interventi di medicina alternativa, come l’agopuntura, influenzano i meccanismi del dolore sia centrali che periferici e hanno effetti simpaticolitici e inibitori sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene5.
Diagnosi Differenziale
Vediamo ora le patologie da indagare ed escludere durante il processo di diagnosi differenziale nel paziente con sospetta fibromialgia, le quali possono anche sovrapporsi a essa:
- osteoartrite;
- lombalgia cronica (CLBP);
- malattie infiammatorie di altra natura;
- malattie reumatiche;
- spondilite anchilosante;
- artrite psoriasica;
- dolore cervicale;
- disturbi neuropatici;
- infezione respiratoria;
- ipertensione;
- disordini del sonno;
- condizioni psichiatriche;
- depressione;
- ansia.
Elementi Anamnestici
Solitamente, il paziente con fibromialgia si presenterà riferendo anche alcune di queste manifestazioni:
- depressione;
- disordini del sonno;
- difficoltà di concentrazione;
- disturbi gastrointestinali e genitourinari;
- rigidità;
- deterioramento cognitivo;
- sofferenza psicologica;
- disturbi autonomici;
- instabilità dell’andatura;
- ipersensibilità agli stimoli esterni.
Esame obiettivo e valutazione
La diagnosi si basa sui criteri clinici descritti dall’American College of Rheumatology3.
- Storia di dolore diffuso presente da almeno 3 mesi. Ovvero: dolore nella parte sinistra del corpo, dolore nella parte destra del corpo, dolore sopra la vita e dolore sotto la vita (o lombare). Dolore scheletrico assiale (rachide cervicale, dorsale o lombare oppure parte anteriore del torace).
- Dolore in 11 dei 18 siti di tender point alla palpazione digitale, riportati in tabella. bilateralmente:
Area del corpo | Tender point |
Occipite | inserzioni del muscolo suboccipitale |
Cervicale | aspetti anteriori degli spazi intertrasversali in C5-C7 |
Trapezio | punto medio del bordo superiore |
Sovraspinato | zona mediale della spina della scapola |
Seconda costa | giunzioni costocondrali |
Gomito | epicondilo laterale |
Gluteo | quadranti superiori esterni delle natiche |
Grande trocantere | posteriormente alla prominenza trocanterica |
Ginocchio | prossimalmente alla rima articolare |
Trattamento
Le attuali linee guida per la gestione dei pazienti con fibromialgia raccomandano sia farmaci che approcci non farmacologici8 per migliorare i sintomi correlati al dolore, la funzione fisica e la qualità della vita3.
Tra i trattamenti conservativi3, gli interventi non farmacologici sono consigliati come prima scelta5 (i farmaci possono avere effetti collaterali e aumentare i costi per i pazienti6). Le linee guida cliniche includono tra le terapie conservative non farmacologiche l’esercizio terapeutico, la terapia manuale, l’educazione del paziente3, gli interventi basati sulla autoconsapevolezza2 e le terapie alternative1.
Una forte evidenza scientifica è riscontrabile nella terapia attiva per quanto riguarda l’intensità del dolore, la disabilità e a la funzionalità sul breve termine. Sempre al riguardo della terapia attiva è visibile evidenza scientifica nel contrasto all’affaticamento dei pazienti sul lungo termine3.
Tra le terapie attive l’esercizio contro resistenza migliora la salute mentale dei pazienti con fibromialgia, riducendo significativamente depressione e ansia6 e migliorando il sonno, sul quale impatta positivamente anche l’esercizio aerobico5. In particolare, secondo la European League Against Rheumatism (EULAR), l’esercizio fisico è l’unico intervento a ricevere un forte grado di raccomandazione, con particolare attenzione agli esercizi aerobici e all’allenamento contro resistenza6.
Per quanto riguarda l’utilizzo delle terapie manuali passive vi è evidenza sulla diminuzione intensità del dolore e sulla qualità del sonno a breve termine3.
Forti prove suggeriscono invece che l’educazione al paziente, attraverso la ACT therapy (la terapia dell’accettazione e dell’impegno), riduce la disabilità e la depressione a breve e medio termine3.
Gli interventi basati sulla autoconsapevolezza (MBI) si traducono invece in risparmi sui costi tra le popolazioni di pazienti, sia dal punto di vista sanitario che sociale2. Tra queste terapie, quella cognitivo-comportamentale (CBT) è più efficace sul dolore, mentre l’utilizzo della mindfulness è migliore sulla fatica e la depressione5.
Esistono anche numerosi articoli sull’impiego delle terapie alternative complementari nella gestione della fibromialgia. Tuttavia sono state riscontrate diverse incongruenze tra gli studi che limitano i revisori nel poter concludere sulla loro efficacia1.
In generale, è possibile concludere che gli interventi non farmacologici per la fibromialgia dovrebbero essere scelti ed individualizzati in base al sintomo predominante5.
Prognosi
Sebbene siano state studiate diverse alternative di trattamento, ad oggi non esiste una cura definitiva per la fibromialgia.
Tuttavia, nonostante non sia possibile definire una vera e propria prognosi, va considerato che l’obiettivo della gestione della fibromialgia è quello di alleviare i sintomi, migliorare lo stato di salute dei pazienti e ripristinare la loro motricità e la loro qualità della vita4,6.
In questo senso, esiste la solida possibilità di fronteggiare la malattia efficacemente grazie a un ricco panorama di interventi.
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