Dizziness e vertigini
Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione di dizziness e vertigini.

A tutti, nella pratica clinica, è capitato di sentir parlare di dizziness e vertigini (nel corso della vita la prevalenza dei disturbi dell’equilibrio è stimata tra il 17 e il 30%), di sensazione di confusione, sonnolenza, sensazione di pesantezza e a volte anche nausea. Queste affermazioni sembrano essere molto simili fra di loro, il che porta spesso il clinico a racchiuderle, in maniera errata, nella stessa ipotesi clinica.
Una delle ragioni che porta a questa confusione nasce dalla mancata distinzione dei termini vertigo e dizziness, che in italiano vengono riassunti entrambi nella parola “vertigine”.
Quello che deve fare il clinico è, invece, saper differenziare i quadri di dizziness e di vertigo dove il primo è un termine generico che può descrivere diverse sensazioni, tra cui vertigine rotante o non rotante, squilibrio, presincope, stordimento, galleggiamento o una combinazione di questi; il termine vertigo si riferisce, invece, alla sensazione illusoria di movimento del corpo. Questa discrepanza è alla base dell’importanza di chiedere ai pazienti di descrivere i propri sintomi con parole proprie.
Questo argomento non è semplice perché si entra all’interno di quello che è un argomento complesso che tocca diversi territori specialistici; inoltre, in alcuni casi ci si trova di fronte a condizioni che spesso si sovrappongono in quadri clinici che presentano caratteristiche sia di competenza muscoloscheletrica, sia di competenza medico-specialistica.
Il presupposto che sta alla base è il controllo motorio del paziente e le eventuali alterazioni. Treleaven definisce il controllo motorio come “la capacità del soggetto di eseguire la miglior performance di movimento possibile con il minor dispendio energetico, mantenendo inalterate le condizioni di orizzontalità dello sguardo e la stabilità della base d’appoggio”.
Il controllo motorio è reso possibile dall’integrazione di tre sistemi fondamentali, connessioni anatomiche rappresentano un vero e proprio network: somato-sensioriali, vestibolari e visive che lavorano continuamente in modo integrato. L’output che ne deriva è un gesto funzionale, qualitativo ed economico (in termini energetici).
Dal punto di vista neurofisiologico, i propriocettori cervicali sono in stretta connessione con il midollo spinale che a sua volta ha svariate connessioni con:
- nuclei della colonna dorsale che portano informazioni al talamo dal quale partono due vie importanti: la via pallido-talamo- corticale che rappresenta la via extrapiramidale e la via cerebello-talamo-corticale che è deputata al controllo del tono muscolare;
- formazione Reticolare responsabile del ritmo sonno veglia e dello stato di coscienza;
- nuclei Vestibolari che sono suddivisi in 4 sottonuclei – mediale, laterale, superiore e inferiore;
- nuclei Trigeminali che si connettono col cervelletto;
- nucleo Cervicale Centrale che fa afferenza col Collicolo Superiore importante per le funzioni visive.
Queste connessioni del rachide cervicale dimostrano quanto questo sia importante nella programmazione di un gesto, nella regolazione e nel mantenimento della posizione del corpo rispetto all’ambiente circostante, motivo per il quale problematiche a livello cervicale portano i pazienti a riferire sensazioni come “stare su una barca” o di sentirsi “ubriachi”.
Un esempio è il caso del whiplash (colpo di frusta), condizione clinica che può portare a una disfunzione a livello di questi recettori, e quindi all’alterazione della propriocezione e del controllo sensomotorio con conseguenti segni e sintomi quali mal di testa, vertigine, dolore ecc.
A regolare i movimenti funzionali e le connessioni anatomiche delle quali si è già parlato, sono imputati dei riflessi tra i quali:
- riflesso cervico-collico il quale determina movimenti cervicali grazie a propriocettori cervicali e afferenze vestibolari;
- riflesso vestibolo-collico il quale gestisce i movimenti cervicali grazie ad afferenze vestibolari;
- riflesso cervico-oculare il quale gestisce i movimenti oculari;
- riflesso vestibolo-oculare il quale grazie alle afferenze vestibolari integra il riflesso cervico-oculare;
- riflesso tonico del collo il quale gestisce i movimenti di propriocezione dell’arto inferiore grazie ai propriocettori cervicali;
- riflesso vestibolo-spinale che grazie alle afferenze vestibolari gestisce anch’esso i movimenti di propriocezione dell’arto inferiore.
A dimostrazione dell’importanza del contributo del sistema sensoriale cervicale nel controllo del movimento della testa, degli occhi e della stabilità posturale, Bove nel 2002 afferma e dimostra che iniezioni di anestetico a livello del rachide cervicale superiore, contrazioni isometriche prolungate, vibrazione dei muscoli sub-occipitali e limitazione del movimento del collo possono portare a squilibrio, atassia, nistagmo, ondeggiamento posturale, cambiamenti di posizione degli occhi ecc.
Un danno diretto, un eccessivo carico articolare, un danno muscolare, un colpo di frusta possono portare ad impairment funzionali come un’alterazione della propriocezione, cattivo funzionamento dei muscoli profondi del collo, un cattivo controllo motorio, un alterato controllo al feed-forward, una precoce faticabilità e anche un’alterazione del sistema simpatico.
Tutto ciò per dire che un dolore o un’alterazione del controllo motorio possono determinare funzionalmente degli adattamenti non solo legati a un distretto, ma a tutto quanto il comparto sia in termini di quantità sia di qualità del gesto funzionale.
Adesso non resta che individuare quelli che sono gli elementi che ci permettono di fare una diagnosi differenziale nei disturbi del controllo senso-motorio. Bisogna innanzitutto partire dalla distinzione tra vertigine e dizziness.
Dizziness e Vertigini: definizione
Gli anglosassoni distinguono quella che noi definiamo vertigine in generale in Dizziness e Vertigo. La prima viene definita come una sensazione soggettiva di instabilità, barcollamento, senso di pesantezza, difficoltà a concentrarsi. È importante ricordare però che la diagnosi di Dizziness è una diagnosi di esclusione, quindi si può affermare di essere al cospetto di soggetti con Dizziness cervico-genico solo dopo aver escluso tutte le altre potenziali cause di vertigini. Una caratteristica che ci può aiutare (non a confermare) nell’ipotesi di dizziness cervico-genico è la presenza di dolore cervicale, disfunzione a livello del rachide cervicale ed è fondamentale che la sintomatologia sia correlata al movimento del collo.
Per quanto riguarda la vertigine, invece, è necessario fare una distinzione tra:
- vertigine soggettiva;
- vertigine oggettiva.
Nella vertigine soggettiva il paziente riferisce di essere lui a girare rispetto all’ambiente circostante (“mi sento girare”) ed è generalmente riconducibile a una problematica neurologica di origine centrale, come ad esempio: Emicrania Vestibolare, Dissezione Arteriosa Cervicale (CAD), Commozione Cerebrale e Insufficienza Vertebro-Basilare.
Riabilitazione Vestibolare e dei Disturbi dell’Equilibrio: Valutazione e trattamento
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Nella vertigine oggettiva il paziente riferisce una rotazione dell’ambiente circostante rispetto a se stesso (“gira tutto intorno”) ed è generalmente riconducibile a un disturbo a livello del sistema vestibolare, come ad esempio: Disturbi Otolitici, Neurite Vestibolare, Neuromi Acustici, Vertigine Parossistica Vestibolare Benigna (BPPV), Neuronite Vestibolare e Sindrome di Ménière.
Altri aspetti da tenere in considerazione nella Diagnosi Differenziale tra Dizziness cervico-genico (CGD), vertigine vestibolare periferica (come ad esempio la vertigine parossistica posizionale benigna BPPV) e vertigine neurologica di origine centrale (come ad esempio l’insufficienza vertebro basilare VBI) sono: il tipo di vertigine, le caratteristiche del nistagmo e i segni e sintomi associati.
- Dizziness cervico-genico
- “Positioning type”, ovvero il sintomo si presenta con il movimento del collo.
- Il nistagmo è di breve durata, non presenta latenza ed è faticabile (ovvero i sintomi diminuiscono) con movimenti ripetuti del collo.
- I segni e i sintomi associati sono: nistagmo, dolore a livello del rachide cervicale superiore, mal di testa e mobilità cervicale non qualitativa.
- Vertigine vestibolare periferica
- “Positioning type”, ovvero il sintomo si presenta con il movimento del collo.
- Il nistagmo presenta una breve latenza (1-5 secondi) e durata (maggiore di 30 secondi).
- Il sintomo/segno principale è il nistagmo.
- Vertigine neurologica di origine centrale
- “Positional type”, ovvero il sintomo si presenta con il mantenimento della posizione del collo.
- Il nistagmo presenta una lunga latenza (40-70 secondi).
- I segni e i sintomi associati sono: diplopia, vertigine, sincope, atassia, disfagia e disartria.
I dati provenienti dalla letteratura ci aiutano nell’inquadrare il profilo clinico del paziente e nel poter elaborare le prime ipotesi diagnostiche. La letteratura, come sappiamo, non sempre rispecchia la pratica clinica, dunque è necessario l’uso di vari test clinici, in modo tale da giustificare in maniera oggettiva la decisione di un immediato referral, di un rinvio allo specialista non urgente o la presa in carico del paziente per una condizione clinica di pertinenza muscoloscheletrica.
Uno dei test caratterizzato da alta sensibilità (100%) e alta specificità (96%) è l’esame HINTS, che rappresenta il test clinico principale da svolgere quando si vuole fare screening tra vertigine di origine centrale e vertigine di origine vestibolare (il dizziness cervicogenico, come abbiamo detto, ha una diagnosi per esclusione). L’esame HINTS consta di tre differenti test ovvero:
- Head impulse (funzione del riflesso vestibolo-oculare);
- Osservazione del nistagmo;
- Screw deviation (deviazione obliqua).
Head impulse
Test che valuta il riflesso vestibolo oculomotore o VOR (ha funzione di stabilizzare l’immagine sulla retina durante la rotazione della testa). Questo riflesso è utile quindi per mantenere la posizione correttiva dell’occhio durante qualsiasi cambiamento della posizione della testa e per correggere rapidamente il movimento degli occhi in modo che la vista rimanga sul bersaglio.
L’esecuzione di questo test avviene col paziente seduto che fissa un punto target davanti a se, il terapista posiziona la testa del paziente con 20° di flessione cervicale posizionando le mani ai lati della testa del paziente ed esegue movimenti lenti e ritmici in modo alternato destra e sinistra di rotazione cervicale e poi improvvisamente e rapidamente, compie un piccolo aumento del movimento (5°) per poi fermarsi in questa posizione. Gli occhi del paziente devono rimanere sul target fissato inizialmente il che significa che l’andamento saccadico nella direzione opposta alla rotazione della testa del paziente è avvenuto alla stessa velocità e dunque non ci sono deficit nel riflesso vestibolo oculo motore.
Nistagmo
Condizione in cui gli occhi si muovono rapidamente e in modo incontrollabile. Si possono osservare: movimenti oculari da lato a lato (nistagmo orizzontale), su e giù (nistagmo verticale) in direzione circolare (nistagmo rotatorio). Il movimento può variare tra lento e veloce e di solito avviene in entrambi gli occhi. Gli occhi possono tremare di più quando si guarda in determinate direzioni. Per riuscire ad osservare bene il nistagmo sono necessari gli occhiali di Frenzel.
Screw deviation
La deviazione obliqua è una deviazione oculare insolita (strabismo), in cui gli occhi si muovono verso l’alto (ipertropia) in direzioni opposte. La deviazione dell’inclinazione è causata da un input (ai nuclei motori oculari) vestibolare pre-nucleare anomalo, più comunemente dovuto a ictus cerebrale o cerebellare. Altre cause includono la sclerosi multipla e il trauma cranico.
È possibile osservare questo segno con il cover test, che si esegue semplicemente coprendo con la mano un occhio del paziente e dopo qualche secondo si passa la mano sull’altro occhio. Bisogna osservare cosa succede nell’occhio appena scoperto: se il test è positivo sono presenti dei movimenti verticali sull’occhio appena scoperto.
Si possono utilizzare altri test clinici per differenziare l’origine e la causa delle vertigini, come ad esempio il body on head rotation test o la versione con paziente seduto, ovvero il cervical torsion test. Esso consta di tre possibili fasi.
Fase 1: il terapista pone le mani sui lati della testa del paziente il quale viene invitato a ruotare il corpo completamente da un lato mantenendo la posizione per 10 secondi, per poi effettuare la stessa manovra dal lato opposto. Se questo provoca dizziness o vertigini il paziente va riferito allo specialista.
Fase 2: se, invece, la fase 1 risulta negativa, si chiede al paziente di effettuare rotazioni complete alternate (10 rotazioni a destra – 10 rotazioni a sinistra). Se questo provoca dizziness o vertigini è probabile l’origine cervico-genica dei sintomi escludendo cause vestibolari.
Fase 3: Se la fase 2 risulta negativa, ma i test di mobilità da supino provocano dizziness o vertigini è possibile il coinvolgimento del sistema vestibolare ed è indicato il consulto medico.
Per quanto riguarda la valutazione in caso di ipotesi di disordini periferici la letteratura ci invita a seguire uno schema che inizia con la valutazione del riflesso vestibolo-oculare (VOR) attraverso l’Head Impulse test o con il Gait Stabilty test se risulta negativo si procede attraverso i test di posizione, ovvero: DIX-HALLPIKE / SIDELYNG TEST / ROLL TEST (non è ancora ben definito in Italia di chi sia la competenza di questi test, dunque la letteratura ci invita a riferire il paziente in modo tale da far fare questi test allo specialista e gestire il paziente in collaborazione diretta con lo specialista).
Se questi risultano positivi, la natura della vertigine è probabilmente di origine vestibolare e si invia il paziente allo specialista che tramite manovre posizionali tratta il canale appropriato. Successivamente, se i sintomi cambiano o comunque non si risolvono, il paziente viene rimandato dal fisioterapista (con competenze vestibolari) che tratterà sia la componente vestibolare sia la componente cervico-genica, in quanto probabilmente ci troviamo di fronte ad una combinazione tra vertigine vestibolare e dizziness cervico-genico.
Se i test di posizione risultano invece negativi, avendo escluso sia la vertigine di origine neurologica centrale sia la vertigine vestibolare, siamo di fronte a un quadro di dizziness cervico-genico e il fisioterapista può prendere in carico il paziente senza la necessità di effettuare referral.
Dopo aver terminato la raccolta anamnestica, l’esame obiettivo e fisico ed aver effettuato tutti i test necessari che hanno portato all’ipotesi diagnostica (per esclusione) di quadro di Dizziness Cervico-genico, il trattamento si caratterizza di:
- educazione del paziente;
- promuovere esercizio e attività fisica;
- seguire un modello biopsicosociale;
- terapia manuale.
Trattamento del Dizziness cervicogenico
In letteratura, soprattutto negli ultimi anni, sono presenti molti studi nei quali gli autori si sono domandati quale possa essere il miglior trattamento per il paziente che presenta un quadro clinico di dizziness cervico-genico. Riassumendo, dai risultati degli studi più qualitativi, si evince che la stragrande di essi si sia concentrata sul confronto della terapia manuale con altre modalità di trattamento quali trattamento vestibolare, esercizio terapeutico, terapia fisica, educazione del paziente o combinazioni di più trattamenti.
Il dolore al collo e le vertigini sono entrambi disturbi comuni nel dizziness cervicogenico, pertanto, quando compaiono contemporaneamente, è difficile accertare se esista una relazione causale tra i due sintomi. Da numerosi studi si è visto che i pazienti che soffrono di dizziness cervicogenico con sintomatologia vertiginosa presentano maggiore mobilità del rachide cervicale, debolezza del tessuto muscolare del rachide cervicale superiore e rigidità del tratto cervico-toracico.
I muscoli dorsali del collo provocano dolorabilità locale in diverse articolazioni zigapofisarie. Le modalità di trattamento sono dirette a questi target con risultati positivi sulla mobilità cervico-toracica, probabilmente grazie a tecniche di mobilizzazione, con riduzione della sintomatologia (dolore al collo e vertigini).
Le tecniche di terapia manuale più citate e maggiormente utilizzate sono gli scivolamenti apofisari naturali sostenuti o SNAG (Mulligan), le mobilizzazioni articolari passive o PJM (Maitland), le trazioni del rachide cervicale superiore e il trattamento dei tessuti molli.
È stato dimostrato che gli SNAG hanno un effetto immediato e prolungato clinicamente e statisticamente significativo nel ridurre le vertigini, il dolore al collo e la disabilità causata dalla disfunzione del rachide cervicale presente nel dizziness cervicogenico; questo viene giustificato dal fatto che gli SNAG presentano risultati immediati in termini di integrazione delle informazioni propriocettive, range di movimento cervicale e relative conseguenze cliniche.
Si è visto come il trattamento prolungato di scivolamenti apofisari naturali possa operare su quei motivi fisiopatologici che stanno alla base sia delle vertigini che del dolore al collo, suggerendo questa tecnica come affidabile e immediata, utile per ottenere migliori risultati fisiopatologici e clinici a breve termine in pazienti con dizziness cervicogenico. Alcuni autori hanno provato anche a fornire una posologia di questa tecnica suggerendo di fare quanto segue:
- un primo trattamento ripetendo la tecnica sei volte e alla fine del movimento apporre una sovrappressione;
- un secondo trattamento ripetendo la tecnica sei volte applicando da subito la sovrappressione;
- dal secondo trattamento, al paziente viene chiesto di utilizzare una cinghia per eseguire da solo la tecnica anche a casa, per sei ripetizioni una volta al giorno;
- l’auto-SNAG viene eseguito una volta al giorno fino al follow-up di 12 mesi.
Riguardo al trattamento del dizziness cervicogenico attraverso la mobilitazione articolare passiva viene suggerito di effettuare quanto segue:
- due trattamenti durante i quali si eseguono 3 movimenti oscillatori di 45 secondi a ciascun livello spinale trattato, su un massimo di tre articolazioni ipomobili e/o dolorose nella colonna cervicale superiore. Il PJM potrebbe essere una mobilizzazione unilaterale sul pilastro articolare o una pressione centrale sul processo spinoso;
- dopo il secondo trattamento si suggerisce di iniziare esercizi per il ROM in flessione senza sintomi, estensione, rotazione sinistra e destra e flessione laterale sinistra e destra, tre volte in ciascuna direzione, una volta al giorno come esercizio a casa da continuare per 12 mesi.
Quando vengono confrontate tra loro, la letteratura si sposta a favore delle SNAG, in quanto si registra un effetto maggiore e più immediato sul miglioramento del ROM del rachide cervicale con l’intervento SNAG rispetto alle mobilizzazioni articolari passive PJM. Su outcome come l’intensità e la frequenza delle vertigini, invece, non sembra esserci alcuna differenza di efficacia tra i due interventi di terapia manuale.
Altra modalità di trattamento suggerita e messa a confronto con la terapia manuale per il trattamento del dizziness cervicogenico è la riabilitazione vestibolare. Quest’ultima consta di una serie di esercizi i quali sono generalmente basati sul movimento e possono essere ulteriormente suddivisi in sotto-categorie in base a diversi razionali fisiologici:
- risposte compensatorie che utilizzano il movimento per abituare l’attività nei nuclei vestibolari;
- adattamento per l’interazione visivo-vestibolare ed eventualmente la coordinazione occhio-mano, utilizzando movimenti ripetitivi e provocatori della testa e/o degli occhi;
- sostituzione che promuove l’uso di input sensoriali individuali o combinati per distogliere l’uso dall’input vestibolare disfunzionale;
- esercizi di controllo posturale, prevenzione delle cadute, training di rilassamento, attività di ricondizionamento e riqualificazione funzionale/occupazionale, che si basano sui principi dell’apprendimento motorio.
Sulla base dei risultati degli studi presenti in letteratura, la riabilitazione vestibolare rappresenta una valida opzione nel trattamento delle vertigini di origine cervicale, implementandola alla terapia manuale e ad altre forme di trattamento in maniera multimodale.
Altra modalità di trattamento sempre presente dovrebbe essere l’esercizio terapeutico attraverso programmi che includano esercizi di rinforzo, esercizi di controllo motorio, esercizi di equilibrio, tecniche di rilassamento, esercizi del rachide cervicale (inclusi il riapprendimento motorio, la stabilizzazione e l’allenamento di resistenza) con o senza approccio comportamentale.
Non sono consigliate terapie fisiche come il Laser, che viene spesso confrontato negli studi con la terapia manuale o utilizzato come trattamento sham.
Si può quindi concludere affermando che nonostante le numerose ricerche presenti in letteratura, tutte sembrano convergere e asserire che in presenza di un quadro clinico di dizziness cervicogenico, la modalità di trattamento migliore sia quella di affrontare la sintomatologia in maniera multidisciplinare e multimodale attraverso l’utilizzo di tecniche di terapia manuale (trazioni, SNAG, PJM, trattamento dei tessuti molli), programmi di esercizio terapeutico e trattamento vestibolare secondo un modello biopsicosociale in modo tale da poter offrire al paziente affetto da dizziness cervicogenico un netto miglioramento della sua sintomatologia e delle sue condizioni cliniche.
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