Tendinopatia inserzionale achillea: diagnosi e trattamento
Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione del paziente con tendinopatia inserzionale achillea.

La tendinopatia, chiamata erroneamente tendinite, consiste in una condizione di dolore e disfunzione di un tendine ed evolve spesso in dolore cronico. Come per altri disturbi muscoloscheletrici, anche nelle tendinopatie c’è un’incongruenza tra il danno tissutale riscontrato agli esami strumentali e la presentazione clinica. Questo fattore rende più complicato per il fisioterapista impostare un piano riabilitativo, come accade quando ci si trova di fronte a un paziente con dolore al tendine d’Achille.
Quando si parla di tendinopatia achillea, spesso si fa riferimento alla porzione centrale del tendine, dimenticandosi della parte inserzionale o trattando le due zone con lo stesso ragionamento. Ma tutto ciò è corretto? Oppure la tendinopatia inserzionale achillea richiede un trattamento diverso?
Cos’è la tendinopatia inserzionale achillea?
La tendinopatia inserzionale achillea è una patologia comune nella popolazione sportiva ed è caratterizzata principalmente da dolore e gonfiore nella zona di transizione tra il tendine d’Achille e il calcagno1. Secondo la classificazione di Clain e Baxter, come zona inserzionale è intesa la porzione che va dai 2 cm distali del tendine e il calcagno2.
Nella tendinopatia sono presenti cambiamenti degenerativi nell’inserzione del tendine caratterizzati da una perdita di strutture collagene, perdita dell’integrità delle fibre e proliferazione capillare3. Vi è inoltre un cambiamento nella matrice con un aumento della produzione di prostaglandine (in particolare aggrecan) che richiamano acqua e causano il gonfiore che notiamo in alcuni soggetti affetti4.
La causa della tendinopatia, invece, rimane ancora poco chiara. Il sovraccarico potrebbe essere una delle possibili spiegazioni dell’insorgenza dei sintomi. Infatti, a livello tissutale, la forza data dal peso del corpo e lo stiramento del tendine durante un’attività come la corsa contribuiscono all’aumento dello stress in zona tendinea5.
La degenerazione del tendine, invece, non sembra essere una possibile causa di tendinopatia, poiché può essere presente anche in modo latente. Al contrario, il dolore compare quando la struttura tendinea è sovraccaricata6.
Tendinopatia inserzionale del tendine d’Achille: diagnosi e valutazione
La diagnosi di tendinopatia inserzionale achillea è basata principalmente sull’anamnesi e sull’esame obiettivo. Il paziente presenta solitamente dolore alla palpazione nei 2 cm distali del tendine d’Achille, dove si possono notare segni come gonfiore e rossore7.
La sensazione di rigidità, che si presenta quando ci si sveglia al mattino e si risolve entro qualche minuto, è un sintomo caratteristico del dolore tendineo e viene spesso riferito dai pazienti nel corso dell’anamnesi8. Le attività che peggiorano la sintomatologia sono il cammino, la salita delle scale e la corsa, mentre il riposo tende a diminuire il dolore, specialmente nelle prime fasi della tendinopatia.
Nel periodo iniziale, spesso i pazienti riportano un aumento dei sintomi solo in seguito all’attività sportiva, mentre nelle fasi più avanzate il dolore può anche costringere alla sospensione dell’allenamento9.

Durante l’esame obiettivo è importante osservare la possibile presenza di gonfiore e di ipotrofia muscolare, come anche valutare il range of motion (ROM) della caviglia, in particolare la dorsiflessione. È consigliato utilizzare test di performance come gli hop test o l’heel-raise endurance test per valutare il soggetto durante i gesti e i movimenti funzionali.
Nella valutazione di questa problematica vengono utilizzati molto frequentemente gli esami strumentali, come ad esempio la risonanza magnetica (RMN) o l’ecografia, ma i segni di degenerazione, come spiegato precedentemente, non indicano necessariamente una tendinopatia e viceversa7.
Per questo motivo, l’imaging dovrebbe essere utilizzato per confermare o eliminare i sospetti del fisioterapista quando il paziente presenta sintomi riconducibili ad altre problematiche. Infatti, sono diverse le strutture che possono mimare una tendinopatia inserzione del tendine d’Achille, tra queste abbiamo l’impingement posteriore di caviglia, il morbo di Hugland e la borsite retrocalcaneare.
Tendinopatia achillea inserzionale: trattamento conservativo
La fisioterapia è il trattamento di prima scelta nella tendinopatia inserzionale achillea, e i suoi obiettivi sono la riduzione del dolore, l’aumento della forza muscolare e il ritorno completo alle attività. Il trattamento è suddiviso principalmente in tre fasi, rappresentate in tabella e descritte in seguito.
Fasi della fisioterapia | Obiettivi del trattamento |
I fase | riduzione del dolore |
II fase | aumento della forza muscolare |
III fase | return to sport |
Riduzione del dolore
Il nostro obiettivo nell’immediato è la riduzione del dolore, soprattutto quando questo sintomo si presenta in forma grave. In questa fase, l’intervento del fisioterapista comprende la gestione del carico e l’esercizio isometrico. Se il dolore è molto elevato, l’utilizzo di FANS può aiutare nella riduzione dell’intensità dei sintomi.
È importante però chiarire che, in queste problematiche, il tendine non è realmente infiammato poiché, anche se recenti studi hanno confermato la presenza di cellule infiammatorie (ad esempio neutrofili e macrofagi), nelle tendinopatie croniche l’infiammazione non è il principale aspetto del mantenimento del dolore. L’uso prolungato di farmaci è inoltre sconsigliato perché può alterare la qualità del tendine10.
Per quanto riguarda la gestione del carico, nella tendinopatia inserzionale achillea devono essere inizialmente evitate tutte quelle attività agli ultimi gradi di dorsiflessione della caviglia, poiché la sintomatologia può aumentare in seguito a carichi compressivi. Per questo motivo, lo stretching del tricipite surale è sconsigliato in questa fase.
L’esercizio isometrico è un’altra strategia consigliata per la riduzione del dolore. È stato dimostrato che questa tipologia d’esercizio può ridurre già nell’immediato la sintomatologia del soggetto e mantenere la forza muscolare11. Il protocollo deve prevedere 5 ripetizioni di contrazione isometrica per 45 secondi al 70% della massima contrazione volontaria (MCV) e 15 secondi di riposo12.
Anche l’utilizzo di onde d’urto focali sembra avere un buon effetto sulla riduzione del dolore nella tendinopatia inserzionale13,14. È presente, invece, molta incertezza sull’efficacia delle iniezioni di PRP (platelet-rich plasma), dovuta all’assenza in letteratura di studi con una buona qualità metodologica7.
Aumento della forza muscolare
Il progressivo rinforzo muscolare per aumentare la capacità di carico del tendine achilleo è la componente più importante del trattamento conservativo.
Jonsson et al. hanno pubblicato un modello di allenamento eccentrico per la tendinopatia inserzionale del tendine d’Achille 15, ottenendo eccellenti risultati. L’esercizio è eseguito in stazione eretta e il soggetto deve andare in flessione plantare di caviglia con l’arto inferiore sintomatico. Deve essere invece evitata durante l’esecuzione del movimento la dorsiflessione. Il movimento deve essere ripetuto 15 volte per 3 serie, 2 volte al giorno per 12 settimane.
Alfredson et al. hanno proposto invece come tipologia di esercizio l’heavy load eccentric training per il tricipite surale16, che ha l’obiettivo di stimolare in maniera ottimale il muscolo e il tendine. Durante l’esecuzione dell’esercizio bisogna monitorare la risposta al carico a livello sintomatico: un dolore sopportabile (NPRS 3-4/10) è accettabile se diminuisce rapidamente una volta finito l’esercizio e se il paziente non presenta sintomi il mattino seguente. I soggetti devono svolgere due diversi tipi di esercizio: il primo è eseguire una flessione plantare con il ginocchio esteso, mentre nel secondo esercizio il ginocchio è flesso. Il numero di ripetizioni e la frequenza sono uguali allo studio di Jonsson.
Quando gli esercizi diventano più semplici, il fisioterapista deve aumentare il carico riducendo le ripetizioni, rispettando sempre le caratteristiche del paziente. Secondo Rio E. et al., però, queste strategie di riabilitazione per la tendinopatia non terrebbero conto del controllo corticospinale del muscolo, che in situazioni patologiche può alterare il reclutamento muscolare e la capacità di carico del tendine, contribuendo alla persistenza e alla ricorrenza dei sintomi 17.
L’allenamento della forza muscolare, infatti, è un potente modulatore del sistema nervoso centrale, ma gli input corticospinali risultano essere essenziali per il reclutamento e l’attivazione delle fibre. Per questo motivo, gli autori hanno introdotto il concetto di tendon neuroplastic training (TNT). Con questo termine si intende un programma di rinforzo muscolare associato a focus sulla modulazione del sistema nervoso centrale, utilizzando stimoli esterni visivi o acustici, ad esempio un metronomo.

Questa tipologia di allenamento muscolare, oltre a ridurre il dolore tendineo, riesce a modulare il controllo eccitatorio e inibitorio del muscolo e la sua capacità di carico18. Questa strategia può essere utilizzata con esercizi in contrazione isometrica o isotonica. L’uso del TNT sembra, quindi, ottenere risultati migliori sulla sintomatologia del paziente a breve e lungo termine.
Return to Sport
Jonsson et al. hanno stimato che i soggetti con tendinopatia inserzionale del tendine d’Achille ritornano all’attività sportiva dopo circa 6 settimane dall’inizio del programma di allenamento eccentrico15. Il ritorno alla corsa deve essere graduale, rispettando la sintomatologia del soggetto ed evitando inizialmente la corsa in salita, poiché richiede una maggior dorsiflessione della caviglia e potrebbe essere provocativa per il paziente.
In letteratura, la maggior parte degli studi sul ritorno completo all’attività sportiva riguarda quasi esclusivamente la tendinopatia achillea non inserzionale. Le misure di outcome per capire quando un atleta è pronto a ritornare all’attività sportiva sono diverse e c’è ancora molta incertezza su quali debbano essere utilizzate19.
La nostra opinione è che bisogna utilizzare più test per valutare il Return to sport dell’atleta. I più rilevanti possono essere i test funzionali come gli hop-test, svolti durante l’esame fisico con un risultato in termini di Limb Symmetry Index (LSI) di almeno il 90% rispetto all’arto controlaterale20, accostati a una valutazione del ROM in dorsiflessione21 e della qualità dei gesti sport specifici.
Trattamento chirurgico della tendinopatia inserzionale achillea
L’intervento chirurgico è consigliato in quei pazienti che non hanno ottenuto un significativo miglioramento dal trattamento di tipo conservativo per un periodo di 3-6 mesi22. In letteratura, però, non sono presenti molte informazioni sulle diverse tecniche chirurgiche e su quale sia quella maggiormente efficace23.
La tecnica più utilizzata consiste in un approccio laterale alla zona inserzionale con rimozione della borsa retrocalcaneare, l’asportazione della prominenza posteriore del calcagno e il debridement tendineo. Questa procedura è chiamata osteotomia calcaneare ed è eseguita in artroscopia24.
Maffulli et al. hanno proposto come alternativa un approccio trasversale per evitare complicazioni della ferita e possibili lesioni iatrogene del nervo con eccellenti risultati25. Un’altra opzione avanzata sempre da Maffulli et al. è la disinserzione del tendine d’Achille per rimuovere completamente la parte posteriore del calcagno e il successivo reinserimento del tendine nel calcagno con l’utilizzo di un’ancora di sutura26.
C’è invece chi sostiene che la miglior tecnica chirurgica sia un approccio centrale nella zona posteriore con separazione del tendine al fine di sbrigliare adeguatamente la regione tendinea22. Indipendentemente dalla tecnica utilizzata, l’utilizzo del flessore lungo dell’alluce come rinforzo nelle diverse tecniche di debridement tendineo non sembra, invece, produrre ulteriori miglioramenti sul dolore e sulla funzionalità27.
Nel periodo post operatorio, la caviglia deve rimanere in scarico con l’utilizzo di un tutore per circa 2 settimane per permettere un’adeguata guarigione. Per le successive 3-4 settimane, il paziente può cominciare ad appoggiare il piede aumentando gradualmente il carico. In generale, entro le 8 settimane il paziente dovrebbe ricominciare a camminare con carico completo e a indossare le scarpe da ginnastica.
La fisioterapia, quindi, è consigliata già nell’immediato post operatorio con l’obiettivo di recuperare il movimento della caviglia e rinforzare la muscolatura. Lo stretching è sconsigliato nel primo periodo dopo l’operazione così da proteggere il tendine28.
Conclusioni
La tendinopatia inserzionale del tendine d’Achille ha alcune peculiarità in comune con la tendinopatia non inserzionale, ma presenta anche differenze che bisogna saper riconoscere affinché il nostro intervento produca un miglioramento significativo per il paziente.
Il trattamento di tipo conservativo è, quindi, la prima strategia di intervento nei confronti di questa problematica. Il rinforzo muscolare, l’educazione del paziente e la gestione del carico sono i punti principali della riabilitazione nella tendinopatia inserzionale. La dorsiflessione, invece, è un movimento che nelle prime fasi della riabilitazione dovrebbe essere evitata.
Se dopo un periodo di circa 3-6 mesi il paziente non è migliorato, è utile rivolgersi a un ortopedico per valutare un possibile intervento chirurgico. Il trattamento deve essere comunque basato sulle caratteristiche individuali del soggetto.
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