Neuroma di Morton

Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione del Neuroma di Morton.

Neuroma di Morton

Il neuroma di Morton è una condizione benigna che colpisce il piede e può rendere ogni passo un piccolo tormento. Si manifesta solitamente tra il terzo e il quarto metatarso, dove il nervo plantare subisce una compressione, provocando bruciore, formicolio e intorpidimento. È stato descritto per la prima volta nel 1876 dal medico Thomas George Morton, anche se altri studiosi avevano già osservato casi simili in precedenza.

Nel tempo, questa patologia ha ricevuto diversi nomi – metatarsalgia di Morton, neuropatia interdigitale, neuroma interdigitale – e, curiosamente, si è anche ipotizzato che potesse essere legata a una particolare conformazione ancestrale del piede umano, il Pes Atavicus. Tuttavia, questa teoria è stata definitivamente smentita negli anni ’80.

Nonostante sia poco conosciuto al di fuori dell’ambito medico, il neuroma di Morton è piuttosto diffuso: si stima che interessi circa il 30-33% delle persone con dolore al piede, colpendo soprattutto le donne tra i 25 e i 55 anni. I pazienti spesso lo descrivono come la sensazione di avere un sassolino incastrato nella scarpa, un fastidio che può rendere difficile persino una semplice passeggiata.

Per individuarlo, è necessaria un’anamnesi accurata e un’attenta valutazione clinica, spesso affiancata da esami di imaging: la radiografia serve a escludere altre possibili cause del dolore, mentre ecografia e risonanza magnetica aiutano a confermare il sospetto diagnostico.

Fortunatamente, esistono diverse strategie per trattarlo, e nella maggior parte dei casi non è necessario ricorrere alla chirurgia. [1] [2]

Anatomia neuroma di morton

Tipologia di paziente

Il neuroma di Morton è una condizione comune nella popolazione generale, con una prevalenza stimata tra il 30% e il 33%. La patologia è più frequente nelle donne rispetto agli uomini, con un rapporto di incidenza femmine-maschi di 4:1. L’età media dei pazienti è di 45,6 anni, con un range che varia dai 19 ai 64 anni.

Numerosi fattori possono predisporre allo sviluppo del neuroma di Morton:

  • Alterazioni biomeccaniche e anatomiche: Il neuroma di Morton è stato associato a variazioni strutturali del piede, tra cui riduzione dello spazio intermetatarsale tra il terzo e il quarto metatarso, anomalie del legamento metatarsale trasverso profondo (DTML) e caratteristiche anatomiche predisponenti.
  • Calzature inappropriate: L’uso di scarpe strette o con tacchi alti può restringere lo spazio intermetatarsale e aumentare la compressione del nervo digitale comune, favorendo la neuropatia compressiva.
  • Postura e attività fisiche: Il mantenimento prolungato di posizioni che riducono lo spazio sotto il DTML, come stare seduti a lungo su una sedia da ufficio o andare in bicicletta, può contribuire alla comparsa del neuroma di Morton a causa della posizione in equino del piede.
  • Indice di Massa Corporea (BMI) elevato: Un aumento del peso corporeo è stato identificato come un importante fattore predittivo per il neuroma di Morton, probabilmente a causa del maggior carico sull’avampiede e della conseguente riduzione dello spazio intermetatarsale.

Questi fattori suggeriscono che il neuroma di Morton non è una vera neoplasia, bensì una neuropatia, che si sviluppa principalmente per alterazioni biomeccaniche e stress meccanici ripetuti. [3]

Patofisiologia

Il neuroma di Morton è quindi una neuropatia compressiva degenerativa che colpisce il nervo digitale plantare comune, principalmente nel terzo spazio intermetatarsale. A differenza di quanto suggerisce il termine “neuroma”, non si tratta di una vera neoplasia, ma di un ispessimento fibrotico del nervo dovuto a stimoli meccanici ripetuti e compressione cronica.

La maggiore incidenza nel terzo spazio metatarsale è dovuta a due fattori principali:

  1. Spazio più stretto rispetto ad altri interspazi, aumentando il rischio di compressione.
  2. Anatomia del nervo digitale comune: il nervo che innerva questo spazio è più spesso perché riceve rami sia dal nervo plantare mediale che laterale, rendendolo più suscettibile a traumi e microtraumi ripetuti

L’eziologia esatta del neuroma di Morton rimane incerta, ma sono state proposte quattro teorie principali:

  • Teoria del trauma cronico (la più accettata): il cammino e le attività quotidiane generano microtraumi ripetuti che comprimono il nervo tra le teste metatarsali e l’articolazione metatarso-falangea, causando infiammazione e degenerazione
  • Teoria dell’intrappolamento: il nervo subisce una compressione contro l’estremità anteriore del legamento metatarsale trasverso profondo (DTML) e i tessuti molli plantari, portando a fibrosi e sofferenza neuronale.
  • Teoria della borsite intermetatarsale: un’infiammazione della borsa intermetatarsale causa compressione e irritazione del nervo plantare, con successiva degenerazione fibrotica. Questa teoria spiega perché il neuroma è più frequente nel terzo spazio intermetatarsale, dove la borsa è più vicina al fascio neurovascolare.
  • Teoria ischemica: alterazioni vascolari a carico dell’arteria digitale plantare comune precedono l’ispessimento fibrotico del nervo, suggerendo che l’ischemia possa essere un fattore scatenante.

Modificazioni istopatologiche

Dal punto di vista istologico, il neuroma di Morton presenta:

  • Fibrosi perineurale progressiva.
  • Edema endoneurale e danno ai fascicoli mielinizzati.
  • Proliferazione di fibroblasti e cellule di Schwann.
  • Modificazioni vascolari, inclusa disrupzione della parete arteriosa e trombosi, a sostegno della teoria ischemica.

L’insieme di questi fattori porta alla degenerazione del nervo e alla sintomatologia tipica del neuroma di Morton. [4]

Diagnosi Differenziale

Il neuroma di Morton può essere confuso con diverse patologie dell’avampiede che presentano sintomi simili, come dolore plantare, parestesie e sensazione di corpo estraneo. La diagnosi differenziale si basa su anamnesi, test clinici e diagnostica per immagini. [5] [6]

1. Test Clinici per la Diagnosi Differenziale

L’esame clinico è il primo passo per distinguerlo da altre patologie. I test più utilizzati sono il test di Mulder, il test  di compressione metatarsale e il test di dorsiflessione  forzata: se i test clinici sono negativi, il neuroma di Morton è meno probabile e si devono considerare altre diagnosi.

2. Diagnostica per Immagini

La diagnosi differenziale viene confermata tramite imaging:

  • Ecografia ad alta frequenza (10-15 MHz): utile per individuare un’area ipoecogena fusiforme corrispondente al neuroma. (Sensibilità: 90%, Specificità: 88%)
  • Risonanza Magnetica (Gold Standard): mostra ispessimento fusiforme ipointenso su T1 e T2, situato tra i metatarsi. Permette di distinguere il neuroma di Morton da borsiti, tumori nervosi e fratture da stress.
  • Radiografia: non identifica il neuroma di Morton, ma esclude fratture da stress e alterazioni ossee.

3. Principali Patologie da Differenziare

  • Borsite intermetatarsale: simile al neuroma di Morton, ma causata da infiammazione della borsa intermetatarsale.
  • Fratture da Stress Metatarsali: dolore localizzato, peggiora con il carico.
  • Edema del midollo osseo (Bone Marrow Edema Syndrome – BMES): simile alla frattura da stress, ma senza linea di frattura evidente.
  • Schwannoma e Neurofibroma: tumori nervosi benigni, rari ma con sintomatologia simile.
  • Cisti Sinoviali e Condromi dei Tessuti Molli: dolore plantare con massa palpabile.
  • Noduli Reumatoidi: presente in pazienti con artrite reumatoide, si localizza nella fascia plantare.
  • Fibromatosi Plantare (Morbo di Ledderhose): proliferazione fibrotica della fascia plantare, noduli duri e dolorosi.

La diagnosi differenziale del neuroma di Morton richiede un’attenta valutazione clinica e, in caso di dubbi, il supporto della RMN o ecografia. Il riconoscimento delle patologie correlate è essenziale per evitare errori diagnostici e scegliere il trattamento più appropriato. La risonanza magnetica (RMN) è la tecnica più affidabile per la diagnosi differenziale del neuroma di Morton, con una sensibilità vicina al 100%, mentre l’ecografia è un’ottima alternativa nei pazienti in cui la RMN non è accessibile o necessaria. [7]

Elementi Anamnestici

L’anamnesi è un passaggio fondamentale nella diagnosi del neuroma di Morton, poiché i sintomi riferiti dal paziente possono orientare la valutazione clinica e la diagnosi differenziale.

 I principali elementi anamnestici includono [8]:

  • Dolore bruciante nell’avampiede, localizzato tipicamente nello spazio intermetatarsale tra il terzo e il quarto metatarso.
  • Sensazione di corpo estraneo: molti pazienti riferiscono di camminare su un sassolino o un piccolo oggetto nella scarpa, un sintomo caratteristico del neuroma di Morton.
  • Parestesie e intorpidimento lungo la distribuzione del nervo digitale plantare comune, specialmente nelle dita corrispondenti.
  • Dolore esacerbato dal camminare o dall’uso di scarpe strette, che si allevia con il riposo. Questo sintomo è presente in oltre il 90% dei casi e rappresenta un elemento anamnestico chiave.
  • Scatto o “clicking” riferito dal paziente, che ha mostrato una specificità del 96% e un rapporto di verosimiglianza positivo (LR+) di 13.14, rendendolo uno dei segni anamnestici più forti per il sospetto diagnostico.

Sebbene questi sintomi siano frequentemente riportati, la loro accuratezza diagnostica è variabile, e quindi devono essere sempre integrati con l’esame obiettivo e test fisici. In particolare, il clicking percepito dal paziente e il dolore aggravato dalla deambulazione sono tra gli elementi anamnestici più affidabili per la diagnosi clinica del neuroma di Morton.

Esame obiettivo e valutazione

L’esame obiettivo è fondamentale per confermare il sospetto clinico di neuroma di Morton e deve includere ispezione, palpazione e test provocativi [9].

1. Ispezione e Palpazione

  • Il piede appare generalmente privo di segni visibili di deformità.
  • La palpazione dello spazio intermetatarsale interessato evoca spesso dolore acuto e localizzato, specialmente tra il terzo e il quarto metatarso.
  • In alcuni casi avanzati, può essere percepibile una massa fusiforme o ispessimento del nervo.

2. Test Clinici

I test più affidabili per quanto riguarda l’accuratezza diagnostica sono:

  • Test di Mulder: consiste nella compressione laterale del piede con pressione diretta sulla pianta nel terzo o quarto spazio intermetatarsale. Positività: riproduzione del dolore caratteristico e percezione di uno scatto (“Mulder’s Click”). (Specificità: 98% – Sensibilità: 62% – LR+ 12.2)
  • Test di compressione metatarsale: premendo medialmente e lateralmente le teste metatarsali si valuta la presenza di dolore irradiato e parestesie. (Specificità: 84% – Sensibilità: 75%)
  • Test di dorsiflessione forzata: da dorsiflessione delle dita del piede può riprodurre il dolore, ma ha un valore diagnostico inferiore rispetto ai precedenti.

I test clinici non sono sempre sufficienti per una diagnosi definitiva, specialmente nei casi concomitanti a borsiti intermetatarsali o metatarsalgie biomeccaniche. In caso di dubbi, è necessario integrare la valutazione con ecografia o risonanza magnetica.

Trattamento

Il trattamento del neuroma di Morton segue un approccio progressivo, partendo dalle terapie conservative, passando per opzioni minimamente invasive e arrivando alla chirurgia nei casi refrattari.

1. Trattamento Conservativo [10] [11]

Il trattamento conservativo è il primo approccio terapeutico e dovrebbe essere tentato per almeno 3-6 mesi prima di valutare soluzioni più invasive.

Modifiche alle calzature e Ortesi Plantari (miglioramento dei sintomi nel 41-70% dei pazienti)

  • Scarpe con punta larga e suola ammortizzante riducono la compressione metatarsale.
  • Ortesi plantari con supporto metatarsale possono migliorare la distribuzione del carico.

Terapia Farmacologica e Infiltrazioni

  • FANS: efficaci solo nel breve termine.
  • Infiltrazioni di corticosteroidi: riduzione del dolore nel 50% dei pazienti a 12 mesi, ma alta percentuale di recidive. Il 33% dei pazienti necessita comunque di chirurgia successivamente.
  • Alcolizzazione del neuroma (iniezioni di alcol sclerotizzante): efficace fino all’89%, ma con necessità di multiple sedute.

2. Fisioterapia e Trattamento Riabilitativo [12]

La fisioterapia sta emergendo come un’opzione terapeutica efficace per il neuroma di Morton, con un approccio che combina terapia manuale, esercizi specifici e strategie educative volte a ridurre il dolore e migliorare la funzionalità del piede.

Obiettivi del trattamento fisioterapico:

  • Ridurre il dolore e la sintomatologia nevralgica.
  • Migliorare la mobilità articolare dell’avampiede e della caviglia.
  • Ottimizzare il carico metatarsale per ridurre la compressione sul nervo.
  • Rinforzare la muscolatura intrinseca del piede per un migliore supporto dell’arco plantare.
  • Modificare la percezione del dolore attraverso tecniche educative e neurodinamiche.

Terapia Manuale

L’applicazione di tecniche manuali può contribuire alla riduzione del dolore e al miglioramento della mobilità articolare:

  • Mobilizzazioni articolari delle articolazioni metatarso-falangee e intermetatarsali per migliorare la biomeccanica del piede: un protocollo di mobilizzazioni articolari di grado IV (mobilizzazione passiva di piccola ampiezza fino alla fine del ROM contro la resistenza dei tessuti) ha portato a un aumento della dorsiflessione della caviglia e a una riduzione del dolore nel 65% dei pazienti.
  • Massoterapia e rilascio miofasciale sulla fascia plantare e sul tricipite surale per ridurre le tensioni: la combinazione di massoterapia e terapia manuale ha mostrato miglioramenti nei test funzionali LEFS (+18%) e FAAM (+11%).
  • Tecniche di neurodinamica per migliorare la mobilità del nervo digitale plantare e ridurre la sensibilizzazione nervosa.

Esercizi Specifici

L’inserimento di un programma di esercizi mirati può favorire la distribuzione del carico plantare e ridurre il rischio di recidive.

Esercizi di Rinforzo Muscolare

  • Esercizi per i muscoli intrinseci del piede (short foot exercises, toe curls con elastico): miglioramento del supporto dell’arco plantare e riduzione del sovraccarico metatarsale.
  • Rinforzo dei muscoli estrinseci stabilizzatori della caviglia (flessori plantari e dorsali, tibiale posteriore).

Esercizi di Mobilità e Propriocezione

  • Stretching della fascia plantare e del tricipite surale per ridurre la tensione sulla catena posteriore.
  • Toe yoga per migliorare il controllo motorio delle dita.
  • Esercizi di equilibrio e controllo posturale per ottimizzare la distribuzione del peso.

In sintesi, un protocollo di stretching e rinforzo ha ridotto il dolore percepito del 30% in 8 settimane nei pazienti con neuroma di Morton.

Educazione al Dolore e Strategie Neuroplastiche

L’educazione al dolore è una strategia utile per ridurre la paura del movimento e migliorare la qualità della vita del paziente.

  • Pain Neuroscience Education (PNE): miglioramento della comprensione del dolore cronico e delle strategie di coping.
  • Tecniche di rilassamento e gestione dello stress per ridurre l’amplificazione del dolore a livello centrale.
  • Esercizi di esposizione graduale al carico per evitare atteggiamenti protettivi e schemi motori disfunzionali.

Il programma di educazione al dolore ha ridotto del 42% la Pain Catastrophizing Scale in pazienti con sintomi persistenti.

3. Terapie Minimamente Invasive [13] [14]

Se il trattamento conservativo non porta miglioramenti, si possono considerare opzioni meno invasive rispetto alla chirurgia:

  • Ablazione a radiofrequenza (RFA): successo nel 50-83% dei pazienti, con risultati migliori nel breve termine.
  • Crioterapia: efficace nel 38% dei pazienti a 12 mesi.
  • Onde d’urto extracorporee (ESWT): studi contrastanti, alcuni evidenziano beneficio fino a 12 settimane.

4. Trattamento Chirurgico [15]

Se le terapie conservative e minimamente invasive falliscono, si procede con l’intervento chirurgico.

  • Neurectomia (rimozione del neuroma): Procedura standard con tassi di successo tra il 65% e l’85%. Possibile complicanza: sviluppo di neuroma da amputazione, che può portare a dolore persistente.
  • Decompressione del nervo (Sezione del legamento metatarsale trasverso profondo – DTML): Alternativa alla neurectomia. Successo fino al 95%, con meno complicanze rispetto alla rimozione del neuroma. Tuttavia, il 14.5% dei pazienti presenta dolore residuo post-operatorio.

Prognosi

La prognosi del neuroma di Morton dipende molto da quanto presto viene diagnosticato e da come viene trattato. Se individuato nelle fasi iniziali, le terapie conservative, come ortesi plantari e fisioterapia, possono fare una grande differenza: fino al 70% dei pazienti ne trae beneficio, con un netto miglioramento della funzionalità del piede. Tuttavia, le infiltrazioni di corticosteroidi, pur offrendo un sollievo temporaneo, non sempre risolvono il problema a lungo termine: la metà dei pazienti vede i sintomi ripresentarsi e circa uno su tre finisce per dover ricorrere alla chirurgia.

Per chi non trova sollievo con i trattamenti conservativi, esistono alternative minimamente invasive, come l’ablazione a radiofrequenza o l’alcolizzazione del neuroma. Queste tecniche possono dare buoni risultati nel breve periodo, con un tasso di successo compreso tra il 50% e l’83%, ma non sempre garantiscono un effetto duraturo e in alcuni casi possono essere necessarie ulteriori procedure.

Nei casi più gravi o resistenti a tutti gli altri trattamenti, la chirurgia diventa la soluzione definitiva. La neurectomia, che consiste nella rimozione del neuroma, ha un tasso di successo compreso tra il 75% e l’85%, mentre la decompressione del legamento metatarsale può arrivare fino al 95% di efficacia. Tuttavia, come per ogni intervento, ci sono dei rischi: alcuni pazienti possono sviluppare dolore persistente o un neuroma da amputazione, rendendo necessarie ulteriori cure.

In generale, prima si interviene, migliori sono le prospettive. Le terapie conservative rimangono la prima scelta e spesso sono sufficienti per risolvere il problema. Se il dolore persiste, le opzioni minimamente invasive possono offrire un valido aiuto, mentre la chirurgia resta l’ultima risorsa per i casi più complessi. L’importante è personalizzare il trattamento in base al paziente, valutando con attenzione i pro e i contro di ogni soluzione.