Lussazione di spalla

Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della lussazione di spalla.

lussazione spalla

La lussazione di spalla è la dislocazione totale e permanente della testa omerale dalla cavità glenoidea. Come tutti i tipi di lussazione, quindi, è caratterizzata da una perdita completa dei normali rapporti articolari.

Anatomia e biomeccanica

L’articolazione scapolo-omerale è l’articolazione diartrodiale (enartrosi) più mobile del corpo umano. È intrinsecamente instabile a causa della differenza di proporzioni tra la superficie ossea minore della cavità glenoidea e la superficie ossea maggiore della testa omerale. Di conseguenza, la stabilità della spalla è conferita principalmente dalle sue strutture dei tessuti molli che possono essere suddivisi in stabilizzatori statici (ad es., labbro, legamento gleno-omerale) e stabilizzatori dinamici (ad es., strutture muscolo-tendinee come cuffia dei rotatori, deltoide, bicipite, gran pettorale e gran dorsale). Questi stabilizzatori statici e dinamici funzionano in modo coordinato per fornire un range di movimento mentre bilanciano la spalla per funzionalità e stabilità (Ma et al. 2017).

A causa di queste peculiarità anatomiche, quindi, la spalla è particolarmente vulnerabile a lussazioni, poiché privilegia l’elevata mobilità a discapito della stabilità.

Epidemiologia

Con un’incidenza che va da 11 a 29 casi ogni 100.000 abitanti, la lussazione della spalla è la lussazione articolare più comune nel corpo umano (Goth et al. 2025). Oltre il 95% si verifica in seguito a eventi traumatici come cadute o infortuni sportivi. Circa il 50% delle lussazioni si verifica in pazienti di età compresa tra 15 e 29 anni (Cutteridge et al. 2024), con un secondo picco più piccolo negli anziani che subiscono l’infortunio durante cadute da basse altezze (Coyle et al. 2023).

Classificazione

La lussazione è generalmente classificata in anteriore, posteriore e inferiore, in base alla direzione della traslazione della testa omerale rispetto alla glenoide.

La classificazione si basa principalmente sull’aspetto clinico e radiografico.

La lussazione anteriore è in assoluto la più frequente e comprende circa il 96% dei casi, mentre la lussazione posteriore si verifica in circa il 4% delle volte. La lussazione inferiore è piuttosto rara e comprende circa lo 0,5% di tutte le lussazioni (Hill et al. 2022).

Patofisiologia

La lussazione anteriore della spalla è solitamente dovuta a una combinazione forzata di abduzione, estensione e rotazione esterna del braccio e raramente è il risultato di un colpo diretto alla spalla posteriore.

La lussazione posteriore è dovuta, invece, a una combinazione di forze in adduzione, flessione e rotazione interna del braccio e meno comunemente è dovuta a un colpo diretto alla spalla anteriore.

La lussazione inferiore avviene in iper-abduzione forzata del braccio già abdotto, che determina la leva della testa omerale contro l’acromion (Wang, 2018).

Clinica

In tutte le lussazioni il paziente lamenta forte dolore e impotenza funzionale. Nelle lussazioni anteriori è evidente una deformità marcata della spalla, con perdita del normale margine deltoideo e un acromion prominente. Alla palpazione, si apprezza un vuoto sotto l’acromion e un rigonfiamento anteriore sotto il processo coracoideo. Il paziente sostiene il braccio con l’arto controlaterale.

Anche per le lussazioni posteriori è evidente una deformità, con acromion e processo coracoideo prominenti. Si osserva un rigonfiamento nell’ascella posteriore a causa della testa omerale spostata.

Per le lussazioni inferiori l’osservazione è patognomonica: il braccio è iper-abdotto, con il gomito flesso e la mano in posizione sopra la testa (Hill et al. 2022).

Complicanze

A causa dei cambiamenti della qualità dei tessuti correlati all’età, la lussazione di spalla può avere complicanze diverse tra giovani e anziani.

Lesioni strutturali acute molto frequenti nei giovani sotto i 30 anni sono:

  • lesione di Bankart: distacco dei legamenti gleno-omerali inferiori dal labbro antero-inferiore
  • lesione di Hill-Sachs: frattura da compressione della testa omerale postero-supero-laterale
  • lesione Bony-Bankart: frattura del margine osseo gleno-omerale, associata al distacco del labbro glenoideo

Tutte predispongono a instabilità di spalla post-traumatica cronica (Coyle et al. 2023), infatti, a seguito di una lussazione anteriore traumatica primaria della spalla, i giovani adulti hanno una probabilità molto più alta di ri-lussazione rispetto al resto della popolazione. Il rischio di instabilità ricorrente è inversamente proporzionale all’età della lussazione, con i maschi di età inferiore ai 20 anni che hanno circa il 72% di probabilità di instabilità ricorrente (Cutteridge et al. 2024).

Gli individui tra i 40 e i 60 anni, invece, sono a maggior rischio di lesioni alla cuffia dei rotatori e al tendine del bicipite, frattura del trochite e lesioni neurovascolari, come il nervo ascellare e/o l’arteria ascellare (Wang, 2018).

Imaging

La radiografia (RX) rappresenta la tecnica di imaging di prima scelta per la diagnosi di lussazione di spalla, con proiezione antero-posteriore, scapolare a Y e ascellare per verificare la posizione della testa omerale e determinare la direzione della lussazione, consentendo una diagnosi accurata e per indagare la presenza di eventuali fratture ossee associate (Hill et al. 2022). La Risonanza Magnetica (RM) è generalmente considerata il gold standard per la valutazione di lesioni associate ai tessuti molli. Infatti, eventuali distacchi capsulo-legamentosi, lesioni labrali, rotture della cuffia dei rotatori e lesioni della cartilagine articolare possono essere identificati con maggiore accuratezza rispetto alla TC o alla radiografia (Wang, 2018).

Gestione

Dopo diagnosi clinica e radiologica, la lussazione di spalla deve essere ridotta. In letteratura sono identificate fino a 23 tecniche diverse per la riduzione che consistono in trazioni, leve e manipolazioni scapolari o una combinazione di queste eseguite da personale medico esperto (Alkaduhimi et al. 2016). Subito dopo la riduzione è sempre raccomandata una radiografia per confermare la riduzione e valutare eventuali fratture associate nuove o non individuate (Hill et al. 2022).

Trattamento

Dopo la riduzione, il trattamento della lussazione della spalla può essere conservativo o chirurgico.

Le lesioni dei tessuti molli, come l’avulsione del legamento gleno-omerale o le rotture della cuffia dei rotatori, aumentano il rischio di instabilità ricorrente.

Inoltre, lesioni ossee glenoidee e/o omerali hanno conseguenze importanti sulla biomeccanica e sul rischio di recidiva.

Nei pazienti senza questi riscontri, quindi, la gestione conservativa può essere un’opzione da considerare, specialmente nei pazienti più anziani e meno attivi (Nazal et al. 2023).

Sebbene la letteratura non sia attualmente chiara sulla procedura migliore da utilizzare dopo la prima lussazione della spalla, le evidenze disponibili supportano l’intervento chirurgico primario nei giovani adulti impegnati in attività fisiche e sportive altamente impegnative (Boffano et al. 2018), che ridurrebbe il rischio di lussazione ricorrente rispetto alla gestione conservativa. Quindi la stabilizzazione artroscopica dovrebbe essere presa in considerazione per giovani adulti di età inferiore ai 25-30 anni che subiscono per la prima volta una lussazione di spalla (Cutteridge et al. 2024).

Trattamento chirurgico

L’intervento di Bankart è la procedura artroscopica chirurgica di riparazione a seguito della lesione omonima che prevede la sutura del labbro glenoideo anteriore alla glena attraverso degli ancoraggi con fili.

La procedura di remplissage (riempimento) è l’approccio chirurgico per le lesioni di Hill-Sachs e prevede la fissazione del tendine infraspinato e della capsula posteriore all’interno della lesione. In questo modo, si “riempie” il difetto osseo con tessuto molle, impedendo che la lesione entri in contatto con la glena e riducendo il rischio di una nuova lussazione.

L’intervento di Latarjet è una procedura chirurgica utilizzata per trattare le lussazioni recidivanti, soprattutto in presenza di deficit ossei della glena. La tecnica prevede l’osteotomia del processo coracoideo, che viene trasferito e fissato con viti nella parte antero-inferiore della glena. Insieme al tendine congiunto (coraco-bicipitale e coraco-brachiale), crea un effetto stabilizzante meccanico e dinamico: il blocco osseo aumenta la superficie articolare, il tendine agisce come “slitta” contro la traslazione anteriore dell’omero, e la capsula viene rinforzata. Può essere eseguito in tecnica open o artroscopica, con ottimi risultati in termini di prevenzione delle recidive.

Trattamento conservativo

Il trattamento conservativo rappresenta un’opzione valida in molti pazienti ed è indicato in casi di prima lussazione senza lesioni associate, in pazienti non sportivi o con basso livello di attività. Il programma riabilitativo deve essere mirato, strutturato e progressivo.

Fase acuta: controllo del dolore e recupero della mobilità

Nei primi giorni dopo l’evento traumatico l’obiettivo è ridurre il dolore, controllare l’infiammazione e mantenere il ROM articolare senza sollecitare eccessivamente la capsula anteriore. Esercizi consigliati in questa fase sono: mobilizzazioni pendolari (Codman), esercizi attivi-assistiti in elevazione scapolare e rotazione interna, contrazioni isometriche sub-massimali della cuffia dei rotatori e del deltoide e attivazione del core e controllo posturale (Barden et al., 2004)

Fase intermedia: rinforzo selettivo e controllo scapolare

Dopo 2-3 settimane, in assenza di sintomi di instabilità residua, si può iniziare con un programma di rinforzo selettivo, focalizzato sulla cuffia dei rotatori e sul controllo scapolare. L’obiettivo è ripristinare la stabilità dinamica della spalla.

Esercizi specifici proposti: rotazioni esterne con elastico a gomito flesso, Full-Can in elevazione scapolare per attivare il sovraspinato, Push-Up Plus su parete per il serrato anteriore, Blackburn Exercises in posizione prona per sinergia romboidi-trapezio medio/inferiore (Warby et al. 2016). Il training deve prevedere progressioni di carico lente e un’attenta osservazione di compensi. Le ripetizioni devono essere basse all’inizio, con attenzione alla qualità del gesto.

Fase avanzata: stimolazione propriocettiva e ritorno al gesto funzionale

Quando il paziente riferisce stabilità e il movimento è fluido e completo, si può integrare un lavoro propriocettivo e simulazioni del gesto sportivo (se necessario). Il focus è sul controllo motorio in situazioni dinamiche.

Esempi di esercizi: lanci leggeri con palla medica su superfici instabili (in ginocchio o in piedi), con la mano su tavola scorrevole (es. Slide Board), esercizi in catena cinetica chiusa con oscillazioni (es. con bastone o pallone tipo Swiss-Ball), esercizi di rotazione esterna e interna contro resistenza con controllo eccentrico (Gibbs et al., 2021).

Trattamento fisioterapico e riabilitativo dopo stabilizzazione chirurgica

Il ruolo della fisioterapia in questo contesto è cruciale: un programma riabilitativo ben strutturato non solo garantisce il recupero funzionale ottimale, ma previene complicanze come rigidità, deficit di forza o recidiva della lussazione.

Fase di immobilizzazione: protezione e prevenzione delle complicanze

La fase post-operatoria immediata prevede un periodo di immobilizzazione con tutore, variabile in base alla tecnica chirurgica utilizzata e alla stabilità ottenuta:

  • Bankart/Remplissage: solitamente 3-4 settimane in rotazione interna.
  • Latarjet: immobilizzazione più prolungata (fino a 4 settimane), spesso in posizione neutra per proteggere il posizionamento del graft coracoideo.

Durante questo periodo, il focus riabilitativo è rivolto alla prevenzione delle rigidità articolari secondarie (soprattutto al gomito), al mantenimento della mobilità delle articolazioni distali e alla gestione del dolore (Ellenbecker et al., 2010).

Ripristino della mobilità: fasi e progressione controllata

Il recupero della mobilità articolare deve seguire un criterio graduale e individualizzato. La mobilizzazione passiva viene generalmente introdotta precocemente (entro la prima settimana), a patto che non vi siano controindicazioni chirurgiche. Si lavora inizialmente in sicurezza nei piani scapolari, evitando stress anteriori sull’articolazione.

Tra la 3ª e la 5ª settimana si passa alla mobilizzazione attiva-assistita, privilegiando esercizi in catena cinetica chiusa, lenti e controllati. La mobilità attiva completa viene introdotta tra la 6ª e l’8ª settimana, prestando attenzione particolare alla rotazione esterna, che deve essere recuperata gradualmente, soprattutto nei Bankart e Latarjet per la tensione sul compartimento anteriore (Mazzocca et al., 2012).

Esame obiettivo della spalla

Rinforzo muscolare: dal reclutamento selettivo alla performance funzionale

Il rinforzo muscolare è una componente centrale della riabilitazione, ma va iniziato solo dopo che il movimento attivo è ben recuperato e indolore, solitamente dopo la 6ª-8ª settimana. Il primo obiettivo è il reclutamento selettivo della cuffia dei rotatori e dei muscoli scapolari, con esercizi isometrici a basso carico e lavoro in catena chiusa (wall slide, push-up modificati, palline propriocettive).

Dalla 8ª settimana si introduce il rinforzo con elastici e piccoli pesi, aumentando gradualmente la difficoltà e la velocità del gesto motorio. È fondamentale curare l’allineamento scapolare e la sinergia tra scapola e omero per prevenire compensi e facilitare il ritorno alla funzionalità.

Nei pazienti sportivi, il programma di rinforzo deve progredire verso esercizi pliometrici, balistici e specifici per il gesto atletico (Ellenbecker et al., 2010).

Propriocettività e controllo neuromuscolare: la chiave per la prevenzione delle recidive

L’intervento di stabilizzazione non può prescindere da una rieducazione del controllo motorio e propriocettivo. Dopo la guarigione iniziale, la capacità della spalla di stabilizzarsi dinamicamente durante movimenti complessi diventa fondamentale. Ciò è particolarmente vero dopo un Latarjet, dove le modifiche anatomiche richiedono un “reset” motorio del controllo articolare.

Vanno introdotti esercizi progressivi: lavoro su superfici instabili, feedback visivo o manuale, controllo isometrico in posizioni di instabilità, fino a simulazioni dinamiche con oscillazioni e movimenti multi-articolari. La rieducazione propriocettiva deve essere integrata fin dalle prime fasi e progredire verso compiti funzionali, in posizione eretta, con stimolazione del controllo centrale (Beranger et al., 2016).

Ritorno allo sport e alle attività: valutazione funzionale e progressione personalizzata

Il ritorno all’attività è l’obiettivo finale del trattamento fisioterapico, ma deve essere guidato da una valutazione funzionale oggettiva. Le attività della vita quotidiana leggere possono riprendere dopo 6-8 settimane. Il ritorno allo sport dipende da molteplici fattori: tipo di sport, livello competitivo, controllo neuromuscolare e forza residua.

Sport senza contatto: 3-4 mesi.

Sport overhead o con contatto fisico: 5-6 mesi o più, con test funzionali specifici e assenza di apprensioni soggettive.

La letteratura sottolinea l’importanza di non basarsi solo su criteri temporali, ma anche su test di forza, ROM, simmetria scapolare, controllo del core e risposta psico-emotiva al gesto atletico (Hurley et al., 2021).

Test funzionali per il follow-up e il ritorno allo sport

Per una gestione fisioterapica basata su evidenze e obiettivi misurabili, è essenziale integrare nella pratica clinica test funzionali standardizzati. Questi strumenti aiutano a valutare il progresso durante la riabilitazione, il recupero di forza e mobilità, il livello di controllo neuromuscolare e la sicurezza per il ritorno allo sport.

Test di forza e endurance

  • Test isometrici con dinamometro: valutano la forza di rotazione interna, esterna, abduzione e flessione, confrontando il lato operato con il controlaterale. 
  • Test di endurance della cuffia dei rotatori (ER endurance test): il paziente mantiene la rotazione esterna contro resistenza, valutando fatica e controllo (Edouard et al. 2011).

Test di controllo scapolare

  • Kibler Scapular Assistance Test (SAT) 
  • Scapular Retraction Test (SRT)
  • Scapular Dyskinesis Test: osservazione del movimento scapolare durante elevazione attiva del braccio. 

Questi test forniscono informazioni sul controllo motorio scapolare e sulla coordinazione tra scapola e omero, cruciale per la prevenzione delle recidive (Tate et al. 2008).

Test di apprensione e stabilità

  • Apprehension Test e Relocation Test: valutano la sensazione di instabilità o paura del paziente in rotazione esterna e abduzione. 
Esecuzione dell’Apprehension Test per la spalla
  • Anterior Drawer Test: test specifico per instabilità anteriore. 
  • Load and Shift Test: utile nel monitorare la stabilità gleno-omerale nel tempo (Park et al., 2005).

Score e patient-reported outcome measures (PROMs)

  • Western Ontario Shoulder Instability Index (WOSI): misura soggettiva dell’impatto dell’instabilità sulla qualità di vita. 
  • Subjective Shoulder Value (SSV) e Rowe Score: semplici e validati per il monitoraggio post-operatorio. 
  • SIRSI (Shoulder Instability-Return to Sport Index): specifico per valutare il readiness psicologico e funzionale al ritorno allo sport (Gerometta et al., 2017).

Conclusione

La lussazione di spalla, sia trattata chirurgicamente che conservativamente, richiede una presa in carico fisioterapica attenta, strutturata e fondata sull’evidenza scientifica. Il percorso riabilitativo deve rispettare i tempi biologici di guarigione, promuovere il recupero del range articolare, il rinforzo mirato della muscolatura stabilizzatrice e il controllo motorio fine, con particolare attenzione alla coordinazione scapolo-omerale e alla propriocezione. La progressione deve essere graduale e monitorata tramite test funzionali e scale di valutazione validate, che consentano una gestione sicura e personalizzata del ritorno alle attività quotidiane o sportive. In questo contesto, il fisioterapista ha un ruolo centrale nel guidare l’intero processo, contribuendo in modo decisivo alla prevenzione delle recidive e al pieno recupero della funzione.