Frattura di astragalo
Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della frattura di astragalo.

La frattura di astragalo è un evento che può colpire diverse categorie di pazienti, più comune in persone giovani e attive, spesso è causata da incidenti sportivi o traumi da caduta. Tuttavia, può anche verificarsi in pazienti più anziani, specialmente in caso di cadute o incidenti domestici. Inoltre, i pazienti con condizioni predisponenti, come osteoporosi, possono essere più suscettibili a questo tipo di frattura.
L’astragalo, o talo, è il secondo osso più voluminoso del piede e trasmette il peso del corpo dalla tibia verso le dita dei piedi [1]. L’astragalo non presenta inserzioni tendinee, ma è caratterizzato esclusivamente da inserzioni capsulo-legamentose ed è dotato di una vascolarizzazione di tipo terminale fornita da rami delle arterie tibiale anteriore e tibiale posteriore. È importante tener conto che l’astragalo ha una vascolarizzazione piuttosto limitata, il che può influenzare la guarigione o predisporre a complicanze in caso di fratture o altre lesioni.
Patogenesi e classificazione
Le fratture dell’astragalo sono generalmente provocate da traumi ad alta energia come ad esempio le cadute dall’alto, traumi che comportano una dorsiflessione del piede sulla tibia, oppure da traumi complessi che combinano forze di carico e torsione.
La frattura di astragalo può essere classificata in:
- marginale delle apofisi interessa le porzioni sporgenti dell’astragalo, in particolare il tubercolo posteriore o os trigonum. Questa frattura può verificarsi a seguito di traumi diretti o movimenti forzati del piede, e può causare dolore, gonfiore e difficoltà nel movimento, può avere complicazioni come la sindrome dell’os trigonum, che si manifesta con dolore persistente e limitazione della mobilità
- del corpo coinvolge la porzione centrale dell’astragalo, sintomi includono dolore intenso, gonfiore significativo e impossibilità di carico. Potrebbe esserci anche una deformità visibile se è associata a una lussazione, rispetto alle altre localizzazioni della frattura di astragalo le fratture del corpo possono richiedere un trattamento più aggressivo, spesso con immobilizzazione prolungata e, in molti casi, intervento chirurgico per ripristinare la stabilità e la funzionalità dell’osso
- del collo coinvolge la parte sottile dell’astragalo, situata tra il corpo dell’osso e la sua testa. Spesso si verifica a causa di una forzatura del piede, come una flessione plantare e una rotazione, che può portare a un carico eccessivo sul collo dell’astragalo. I sintomi caratteristici sono dolore intenso nella parte anteriore del piede e nella caviglia, gonfiore ed edema, difficoltà a muovere il piede o a sostenere il peso, può esserci una deformità visibile. Le fratture del collo dell’astragalo sono le più pericolose poiché vi è un elevato rischio di necrosi post-traumatica a causa della vascolarizzazione di tipo terminale [2].
Diagnosi
Il paziente con frattura di astragalo riferisce dolore acuto localizzato nella parte anteriore o laterale della caviglia e del piede. La caviglia si presenta con gonfiore significativo nella zona dell’astragalo accompagnato da edema. Ci sarà difficoltà a muovere il piede e a sostenere il peso. In alcuni casi, può esserci una deformità evidente, soprattutto se la frattura è associata a una lussazione. Questi sintomi possono indicare la necessità di ulteriori accertamenti per confermare la diagnosi di frattura. È importante anche considerare il meccanismo traumatico che ha portato all’infortunio. Le fratture dell’astragalo si verificano spesso in seguito a traumi diretti come cadute da altezze elevate o impatti diretti sulla caviglia, incidenti sportivi che comportano flessione plantare e rotazione del piede, come nel caso di atterraggi errati o torsioni improvvise. La frattura dell’astragalo è comunque spesso associata a lesioni diverse nell’ambito di un politrauma proprio per la natura insita nell’evento che porta al verificarsi di tali fratture. Non è sempre agevole la valutazione, ma le radiografie standard, in casi dubbi da associare a TAC, sono quasi sempre sufficienti per la diagnostica.
Diagnosi differenziale
È essenziale una corretta diagnosi per impostare il più precocemente possibile il trattamento adeguato e prevenire complicanze. I sintomi e i segni della frattura di astragalo, soprattutto se valutata in fase acuta, possono essere simili ad altre patologie traumatiche e non traumatiche del medesimo distretto. Dovremo quindi escludere con la nostra valutazione o con indagini radiografiche la presenza di:
- altre lesioni del tessuto osseo:
- fratture dei malleoli, frattura del calcagno, frattura dell’osso navicolare: i sintomi possono sovrapporsi. La frattura dell’astragalo si verifica nella parte superiore del piede e può presentare dolore e gonfiore simili a quelli delle fratture dei malleoli e del calcagno. Tuttavia, la localizzazione del dolore e la limitazione dei movimenti possono aiutare a differenziare queste lesioni. Le radiografie sono fondamentali per identificare la frattura specifica e per escludere altre lesioni associate. Nonostante condividano alcune caratteristiche cliniche, la loro localizzazione e il meccanismo di infortunio possono fornire indizi utili per una diagnosi accurata e per un trattamento adeguato;
- frattura del processo laterale dell’astragalo: può essere facilmente scambiata per una semplice distorsione della caviglia, ma si distingue per il dolore localizzato lateralmente e la necessità di conferma con TC. Al contrario, le fratture del corpo o del collo dell’astragalo derivano da traumi più gravi, con dolore profondo e rischio di complicanze vascolari. È fondamentale differenziare le due condizioni per evitare ritardi nella diagnosi e trattamenti inappropriati.
- e di lesioni legamentose e tendinee come:
- grave distorsione della caviglia può presentare segni e sintomi simili, ma ha implicazioni cliniche, prognosi e trattamento diverso. Anche in assenza di fratture franche, infatti, per il paziente potrebbe essere necessario utilizzare ausili per camminare o potrebbe avere difficoltà nei movimenti attivi e gesti funzionali a causa del forte dolore ed importante gonfiore. Potrebbe essere inoltre presente una kissing bone lesion, ossia una sofferenza della spongiosa ossea non visibile con le tradizionali radiografie ma identificabile tramite risonanza magnetica: questo tipo di lesione associata solitamente non necessita di periodi di immobilizzazione ma rappresenta un fattore prognostico negativo.
- lesione del tendine di Achille è una lesione tendinea si associa a dolore posteriore, deficit nella flessione plantare e test di Thompson positivo, mentre la frattura dell’astragalo causa dolore profondo, impossibilità di carico e dolore alla palpazione ossea.
- lesione del tendine tibiale posteriore può simulare una frattura dell’astragalo per la localizzazione del dolore e la difficoltà nel cammino. Tuttavia, nella lesione tendinea il dolore è spesso associato a debolezza ed impotenza funzionale. La risonanza magnetica è utile per distinguere tra lesione tendinea e frattura di astragalo.
- e di patologie di natura non traumatica come:
- necrosi avascolare dell’astragalo può manifestarsi con dolore persistente e limitazione funzionale, simile a una frattura non guarita. Tuttavia mentre la frattura si presenta dopo un trauma con edema e dolore localizzato, la necrosi ha un decorso più lento e cronico, spesso come complicanza di una frattura precedente. La RMN è l’esame più sensibile per differenziare le due condizioni, rilevando precocemente l’edema osseo e le aree di necrosi.
- artrite settica o sinovite villonodulare sono tipici febbre, marcata infiammazione locale e alterazione degli indici di flogosi (VES, PCR, leucocitosi), mentre nella frattura il dolore è legato a un trauma e localizzato. La diagnosi si basa su anamnesi, imaging (RX, TC) e, in caso di sospetta infezione, artrocentesi con esame del liquido sinoviale
- gotta o pseudogotta. Nella gotta il dolore è spesso notturno, associato a iperuricemia, e può coinvolgere anche altre articolazioni. La pseudogotta coinvolge di solito articolazioni maggiori e si associa a depositi di cristalli di pirofosfato. A differenza della frattura, non c’è un trauma evidente e le radiografie non mostrano soluzioni di continuo ossee, ma possono evidenziare tofi o calcificazioni articolari.
Esame obiettivo e valutazione
In caso di trauma alla caviglia o al piede per decidere se è necessaria una radiografia si esegue l’Ottawa Ankle Rules.
Durante l’esame obiettivo, si procede con un’attenta ispezione dell’area interessata. È frequente osservare un gonfiore a livello della regione posteriore del piede e della caviglia spesso associato a edema valutabile con il figure eight test. Alla palpazione il paziente riferisce dolore acuto e localizzato in corrispondenza del corpo, del collo o della testa dell’astragalo che può estendersi anche all’area del seno del tarso e alla regione sottoastragalica. In presenza di fratture complesse, si può percepire instabilità articolare o crepitio.
Nel caso in cui non possa essere esclusa la presenza di una frattura, sarà opportuno inviare il paziente al medico curante per ulteriori accertamenti prima di eseguire qualsiasi altra manovra valutativa che potrebbe risultare troppo provocativa, potenzialmente dannosa e comunque poco informativa.
Una volta accertata l’assenza di fratture, può essere utile eseguire una prima valutazione della mobilità passiva dell’articolazione tibiotarsica e sottoastragalica, dove è comune riscontrare una limitazione della flessione dorsale e plantare, oltre che dell’inversione ed eversione.
Nella fase post acuta, in base alla reattività del paziente, è possibile valutare anche la mobilità attiva e la forza muscolare con la scala Medical Research Council, con particolare attenzione ai muscoli della loggia anteriore e posteriore della gamba (tibiale anteriore, tricipite surale, peronieri, flessori ed estensori delle dita).
Il dolore può essere quantificato tramite la scala Visual Analogue Scale, valutandolo a riposo, durante il movimento e in carico. Infine, per una valutazione più globale della funzionalità e della qualità della vita del paziente, si possono utilizzare scale validate come il FAAM (Foot and Ankle Ability Measure)
Complicanze
La complicanza più temuta nelle fratture del collo dell’astragalo è l’osteonecrosi del corpo osseo, una condizione grave che può compromettere significativamente la funzionalità articolare. Il rischio di necrosi è particolarmente elevato nelle fratture scomposte. Tale processo degenerativo può evolvere in un’artrosi secondaria della tibio-tarsica, causando dolore cronico e limitazione alla mobilità. L’osteonecrosi non è esclusiva delle fratture del collo dell’astragalo, ma rappresenta una complicanza tipica delle fratture scomposte del corpo dell’osso, aggravando ulteriormente il quadro clinico e le prospettive di recupero.
Terapia
Per le fratture composte l’immobilizzazione in gambaletto gessato è bastevole per portare a guarigione senza particolari esiti, si rende tuttavia necessario rispettare un periodo di 3-4 mesi di astensione dal carico. L’osteosintesi chirurgica si rende necessaria per le fratture scomposte con l’ausilio di viti e/o fili di Kirschner per ridurre e stabilizzare la lesione, decrementando il rischio di complicanze associate.
Fisioterapia e Riabilitazione
Il piede è un organo altamente raffinato, complesso e differenziato in grado di svolgere compiti sensitivi e motori con estrema precisione. I compiti che il piede svolge nell’economia del movimento sono: frenare, rallentare, dosare i vari movimenti imposti al piede dall’esterno, ammortizzare gli urti perché il piede possa comportarsi come una struttura elastica, stabilizzare le articolazioni mantenendo le volte plantari perché queste sono le uniche forme geometriche in grado di sopportare ed opporsi alla sollecitazioni durante il carico e la deambulazione (funzione antigravitaria), funzione conoscitiva cui la muscolatura prende parte [3].
Ripristinare il movimento può essere necessario per correggere l’allineamento o per avere una biomeccanica normale nella deambulazione e nella corsa. [4]
Per questi motivi l’esercizio terapeutico ha l’obiettivo di promuovere un comportamento armonico e coordinato di tutte le strutture del piede, attraverso l’introduzione di esercizi e compiti sempre più complessi in base all’evoluzione del recupero funzionale.
Il recupero della mobilità in un paziente con frattura dell’astragalo si articola in quattro fasi principali.:
Immobilizzazione e fase post-acuta (0–6 settimane)
l’obiettivo principale è proteggere la frattura e favorire la guarigione, evitando qualsiasi carico sull’arto interessato. Il paziente è generalmente immobilizzato con tutore, gesso o scarpa ortopedica, e si raccomanda un riposo assoluto da carico, ciò non significa totale inattività.
È importante iniziare fin da subito con piccoli movimenti, come la mobilizzazione attiva delle dita del piede, per mantenere una buona circolazione periferica e ridurre il rischio di rigidità articolare. Allo stesso modo, si incoraggia il paziente a muovere anche le articolazioni prossimali – in particolare ginocchio e anca – per mantenere una buona mobilità generale dell’arto inferiore.
Sono molto utili anche gli esercizi isometrici, ovvero contrazioni statiche dei muscoli della gamba, come il quadricipite o il tricipite surale, che aiutano a conservare il tono muscolare in assenza di movimento articolare. Infine, posizionare l’arto in scarico e applicare ghiaccio.
Recupero del movimento e mobilizzazione precoce (6–10 settimane circa)
In base alle indicazioni mediche, si può iniziare a introdurre movimenti più ampi e mirati. Questa è una fase delicata, in cui il recupero del range articolare (ROM) diventa prioritario.
Il trattamento si concentra sul miglioramento della mobilità articolare della caviglia, lavorando in flesso-estensione anche in inversione ed eversione, si possono anche esercizi con elastici, che offrono una resistenza leggera per attivare gradualmente e maggiormente la muscolatura. Parallelamente si comincia a stimolare la propriocezione, ovvero la capacità del corpo di percepire la posizione e il movimento dell’articolazione, con esercizi su superfici stabili e sicure di programmazione del movimento e riconoscimento di posizioni standard.
Rinforzo muscolare e recupero del carico completo (10–16 settimane)
Ottenuto un buon grado di mobilità e con la conferma radiografica del consolidamento osseo, si può procedere con un lavoro più intensivo sul recupero funzionale. In questa fase il paziente inizia a camminare in carico completo, prima su superfici piane e poi anche su terreni leggermente irregolari. Si lavora attivamente sulla forza muscolare, attraverso esercizi a corpo libero, esercizi con elastici più resistenti o con piccoli carichi. Viene potenziata la propriocezione dinamica, utilizzando strumenti come la tavoletta propriocettiva, i cuscini instabili o il BOSU, per migliorare l’equilibrio e la reattività dell’articolazione. Tutto questo contribuisce a ridurre il rischio di recidive o instabilità future.
Recupero funzionale avanzato e ritorno alle attività quotidiane/sportive (dopo i 4 mesi)
Superata la fase di rinforzo, si entra nel momento in cui il paziente punta al ritorno pieno alle attività quotidiane, lavorative o sportive. In questa fase si lavora sull’esplosività, la resistenza e la coordinazione. Si propongono esercizi come corsa leggera su tapis roulant, salti monopodalici, cambi di direzione, balzi laterali e percorsi a circuito per simulare situazioni reali. L’allenamento si fa sempre più specifico, seguendo le esigenze del paziente: che si tratti di camminare su terreni irregolari, tornare a correre o rientrare in campo per uno sport, ogni percorso va personalizzato sulle soggettive richieste funzionali.
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- Martini, Timmons, Tallitsch, “Anatomia Umana”, Edises, 2016, pag. 205
- Grassi, Pazzaglia, Pilato, Zatti, “Manuale di Ortopedia e Traumatologia”, Elsevier, 2021, pag 294
- De Giovannini, “Il trattamento riabilitativo nelle lesioni traumatiche dell’arto inferiore”, edizioni SBM, 1993, pag 193-194
- Kisner, Colby, Borstad, “esercizio terapeutico, fondamenti e tecniche”, Piccin, 2019, pag. 958