Diastasi addominale

Ecco una guida per il fisioterapista sulla valutazione e gestione della diastasi addominale.

diastasi addominale
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La diastasi addominale (DRA) è definita come l’allungamento, e la conseguente debolezza, della linea alba (LA), condizione che quindi causa un aumento della distanza intrarettale (IRD), ovvero della distanza tra i 2 ventri muscolari del retto dell’addome[1].

La diastasi addominale è una condizione comune in gravidanza e nel post parto, con una prevalenza del 100% durante il terzo trimestre di gestazione, del 60% a 6 settimane dal parto e del 32% nei 12 mesi successivi [2][3].

Per quanto la gravidanza (soprattutto se multipla) sia una condizione che indebolisce la linea alba, molte pubblicazioni hanno mostrato un’elevata prevalenza anche nelle persone obese, includendo così anche il sesso maschile. 

L’aumento della distanza tra i retti addominali provoca una generale diminuzione della forza della parete addominale e, solitamente, non è causa di dolore a riposo. Alcuni autori hanno ipotizzato un ruolo nell’impatto della diastasi addominale nella stabilizzazione delle pelvi e  del tronco, e che essa possa essere connessa a limitazioni nell’attività fisica, mal di schiena, dolore pelvico ed alle anche. Gli studi di diversi autori non hanno però rilevato differenze nella comparsa di Low Back Pain tra le donne con diastasi addominale e quelle senza (Sperstad, Mota, Parker, et al.). Secondo recenti studi inoltre, sembra non esserci una correlazione franca tra diastasi addominale e disfunzioni del pavimento pelvico. [2]

Diagnosi della diastasi addominale

La diagnosi di diastasi addominale avviene tramite misurazione della distanza che intercorre tra i bordi mediali dei retti dell’addome, definita appunto distanza intrarettale (IRD), ma ad oggi non esiste ancora un consenso universale che definisca dei cut-off clinicamente significativi per la diagnosi di tale problematica. Inoltre sono ritenuti metodi validi di valutazione sia la palpazione, eseguita mentre viene richiesto al paziente di eseguire un Curl-up, (intesa proprio come la conta delle dita dell’operatore o proprie in caso di autovalutazione) che l’ecografia (quest’ultima ritenuta lo strumento di misurazione più consigliato per la misurazione e il monitoraggio dei cambiamenti della IRD nella donna). [3][4]

Spesso i parametri usati per la valutazione della diastasi sono quelli di Beer et altri del 2009, secondo cui la distanza fisiologica della larghezza della linea alba ammontano a:

  • 15 mm a livello del processo xifoideo;
  • 22 mm, 3 cm sopra l’ombelico;
  • 16 mm, 2 cm sotto l’ombelico. [5]

L’eziologia della diastasi addominale non è chiara,  ma i seguenti sono considerati fattori di rischio per la sua comparsa:

  • Gravidanza: a causa del modificato assetto ormonale, aumento del volume uterino, aumento della pressione intra-addominale e tilt pelvico anteriore
  • Parto cesareo
  • Gravidanze multiple
  • Macrosomia fetale
  • Alterazioni genetiche riguardanti il collagene
  • Calo ponderale importante, spontaneo o correlato a chirurgia
  • Procedure chirurgiche addominali

Mota et al. e Sperstad et al. Riportano che non vi è invece associazione tra diastasi addominale e peso prima della gravidanza, aumento di peso, peso del bambino alla nascita, sollevamento di pesi ed esercizio fisico regolare [2].

Anatomia

La parete addominale è formata da muscoli situati simmetricamente rispetto alla linea alba e sono:

  • i muscoli retti dell’addome con fibre che decorrono verticalmente
  • l’obliquo esterno, interno ed il trasverso con fibre che decorrono rispettivamente obliquamente e verticalmente.

L’attività tonica dei muscoli addominali ha il ruolo di sostenere e proteggere i visceri, ma partecipano anche al mantenimento della postura, alla stabilizzazione del bacino e della colonna lombare; inoltre le fibre diagonali e trasversali sono attivamente coinvolte nell’aumento della pressione intra-addominale durante il colpo di tosse, il riso, la defecazione, ed il parto [6].

Trattamento della diastasi addominale

Secondo le ultime linee guida disponibili, la gestione della diastasi addominale dovrebbe essere innanzitutto conservativa e la fisioterapia rappresenta il gold standard del trattamento.

La chirurgia, che consiste nella riduzione della distanza intra-addominale attraverso la plicatura della linea alba e la ricostruzione della guaina del retto anteriore con o senza l’inserimento di una rete, viene solitamente riservata a casi severi in cui il trattamento conservativo fallisce, nessuna riduzione viene raggiunta o è presente un’ernia. In ogni caso, considerando le possibili complicanze correlate all’intervento e alla possibilità di recidiva in caso di future gravidanze, un approccio conservativo viene comunque generalmente raccomandato per almeno 6 mesi. [7]

Attualmente, non c’è consenso su quale sia il miglior approccio per il trattamento della diastasi dei retti addominali; tuttavia, la contrazione del trasverso addominale e dell’obliquo interno veniva (e purtroppo viene ancora) tradizionalmente raccomandato come esercizio “dolce”, mentre il curl-up è stato a lungo scoraggiato, a causa dell’aumento della pressione intra-addominale che esso comporta.

In contraddizione con la pratica clinica comune, risultati di studi sperimentali recenti hanno riportato che l’esecuzione dei curl-up ed head lift hanno un effetto immediato sulla riduzione della distanza intra-addominale, al contrario della contrazione del trasverso addominale, che invece sembra aumentare l’IRD a causa dell’angolatura obliqua delle sue fibre che agiscono sulla linea alba. Tuttavia, questa tensione generata potrebbe promuovere un rimodellamento del tessuto connettivo che costituisce la linea alba stessa, contribuendo comunque al recupero dalla diastasi, anche se su questo è necessaria ulteriore ricerca.

Una possibilità suggerita potrebbe essere quella di combinare l’attivazione del TrA agli esercizi addominali classici. [8]

Anche l’esecuzione di esercizi eccentrici, come ad esempio il reverse sit up, sembra avere un’azione di riduzione della distanza intra-addominale.

Diversi studi mostrano che gli esercizi di contrazione del pavimento pelvico, anch’essi utilizzati nelle prime fasi di trattamento post parto, aumentano, anziché diminuire, la IRD; tuttavia, si parla di un aumento minimo, tale da non peggiorare di fatto la diastasi. Le donne nel post parto non dovrebbero quindi essere scoraggiate dall’eseguire da subito gli esercizi per il pavimento pelvico, che anzi sono trattamento di prima linea per l’incontinenza urinaria.

Esercizi funzionali globali come ad esempio plank, side plank, bridge e squat determinano una significativa riduzione della distanza intraaddominale secondo diversi studi; un RCT addirittura riferisce una maggior efficacia del plank rispetto agli esercizi tradizionali per gli addominali nella riduzione dell’IRD. [7]

In uno studio osservativo, gli esercizi di ginnastica ipopressiva in posizione supina, hanno provocato un avvicinamento dei retti addominali a livello infraombelicale, ma un allontanamento a livello sovraombelicale, per un effetto similare a quello causato dalla contrazione selettiva del TrA; secondo un altro studio, un protocollo di esercizi ipopressivi combinato ad esercizi per addominali e d obliqui è efficace nella riduzione dell’IRD dopo 9 settimane. [7]

Gli studi che abbiamo a disposizione sul trattamento della diastasi addominale post partum sono eterogenei per ciò che riguarda i cut-off diagnostici utilizzati e limitati per il campione e la metodologia degli interventi, pertanto non ci sono ad oggi sufficienti evidenze per poter raccomandare alcun programma di esercizio terapeutico rispetto ad un altro per il trattamento della diastasi addominale [9].

I ricercatori sono comunque concordi nell’affermare che l’abilità di generare tensione sulla linea alba è cruciale per la funzionalità dell’addome ed è più importante della completa chiusura della diastasi: funzionalità, controllo neuromuscolare, forza muscolare e gestione della pressione intra-addominale sono i veri criteri di valore clinico.

È importante sottolineare una cosa: inserire già nelle prime fasi post partum esercizi di flessione del tronco e gestione dell’aumento della pressione intra-addominale è fondamentale, in quanto la donna vivrà situazioni similari fin da subito nella gestione del neonato.

La ginnastica ipopressiva

La ginnastica addominale ipopressiva è stata ideata negli anni ’80 dal Fisioterapista Dott. Marcel Caufriez e consiste in un’apnea espiratoria accompagnata da un’apertura della gabbia toracica in varie posture che prevedono l’estensione assiale, la flessione delle ginocchia, la dorsiflessione dei polsi e la rotazione interna delle spalle. Nell’esecuzione di questa pratica si richiede un vacuum addominale, ovvero un richiamo dell’ombelico verso la colonna vertebrale alla fine della fase espiratoria, tale contrazione viene poi mantenuta per alcuni secondi: l’obiettivo è quello di ricreare una contrazione addominale contemporaneamente ad una riduzione della pressione intra-addominale. Diversi studi dimostrano che la conoscenza degli effetti dell’esercizio ipopressivo sulle donne è ancora limitata e per cui non se ne conoscono ancora gli effetti specifici [10] [11] [12], ma

In uno studio osservativo, gli esercizi di ginnastica ipopressiva in posizione supina, hanno provocato un avvicinamento dei retti addominali a livello infraombelicale, ma un allontanamento a livello sovraombelicale, per un effetto similare a quello causato dalla contrazione selettiva del TrA; secondo un altro studio, un protocollo di esercizi ipopressivi combinato ad esercizi per addominali ed obliqui è efficace nella riduzione dell’IRD dopo 9 settimane [7].

Quindi, come già detto, ad oggi non esistono protocolli raccomandabili e specifici per la riduzione della diastasi dei retti, ma quel che è certo è che gli esercizi comuni, fin poco tempo fa scoraggiati, sono sicuri e non causano alcun peggioramento nè alla diastasi o nè alle strutture del pavimento pelvico.