Tendinopatia: una guida per il fisioterapista
Ecco una guida per il fisioterapista sulla gestione e trattamento del paziente con tendinopatia.
La tendinopatia è una condizione clinica caratterizzata dalla presenza di dolore scatenato da una applicazione di un carico meccanico su un tendine1. Chiamata erroneamente “tendinite”, essa rappresenta una delle cause di infortunio da overuse più frequenti nelle popolazioni sportive. Infatti, ogni anno, circa 11,85 persone su 1000 sono afflitte da questa condizione, che può esporre fino al 50% degli atleti che ne soffrono a ritirarsi dalle attività o a diminuire i propri livelli di performance sportiva2,3.
Secondo un recente studio4, circa il 22% degli atleti soffre di questa condizione e a farne maggiormente le spese sono uomini (92%) e professionisti (57%). Il dolore tendineo non è infatti solo causa di invalidità per gli atleti, ma anche per i lavoratori. Per esempio, la movimentazione di carichi o il mantenimento di una posizione prolungata nel tempo possono esporre alcune categorie di professionisti a patologia del tendine20.
Cos’è il tendine?
Il tendine è un elemento del tessuto connettivo che crea un collegamento tra il muscolo e l’osso. Esso agisce come trasmettitore di forze dall’apparato contrattile a quello osseo generando movimento articolare5. La sua struttura interna è caratterizzata dalla presenza di:
- cellule dette tenociti;
- collagene di diverse isoforme;
- matrice extracellulare6.
La vascolarizzazione è garantita in alcune porzione del tendine da tre sistemi principali:
- il sistema muscolo-tendineo;
- il sistemo osseo-tedineo;
- il sistema delle guaine.
Per quanto concerne l’innervazione, essa è fornita dai nervi dei muscoli circostanti e da piccoli fasci di nervi cutanei. A livello della giunzione muscolo-tendinea, le fibre nervose si depositano sul paratenonio per poi raggiungere l’epitenonio6.
Il tenocita è l’unità funzionale del tendine. Il suo ruolo è quello di percepire lo stress indotto dal carico e trasformarlo in una serie di risposte cellulari per promuovere la trascrizione di nuove proteine e collagene. Questo fenomeno è definito meccanotrasduzione7.
Il collagene è l’elemento strutturale che provvede a trasferire la forza. L’isoforma più presente in un tendine normale è il tipo I6. La matrice extracellulare, invece, rappresenta l’impalcatura che integra le informazioni provenienti dallo stress meccanico e le converte in capacità meccaniche5.
Cause della tendinopatia
Il tendine è dunque una struttura che vive grazie alla somministrazione continua di forze esterne. Esse rappresentano lo stimolo e lo starter per avviare tutti i processi di sintesi e degradazione di nuovo collagene. Purtroppo, il tendine non è sempre in grado di tollerare in modo efficace lo stress indotto dal carico e, sia nel caso in cui esso sia troppo (overload) o sia troppo poco (underload), può alterare la sua omeostasi e andare incontro ad un processo patologico8.
La tendinopatia è definita, secondo la nomenclatura ICON, come un processo di dolore persistente e perdita di funzionalità correlata al carico meccanico1. In letteratura, sono riportati diversi tipi di tendinopatia:
- tendinopatia inserzionale nelle zone di inserimento sull’osso;
- tendinopatia mid-portion o a meta porzione;
- tendinopatie calcifiche a seguito di deposito di calcio15,16.
In base al tipo di tendinopatia, è necessario considerare che l’applicazione di alcuni tipi di carico potrebbe rappresentare un fattore negativo nell’evoluzione della patologia.
Nel caso della tendinopatia inserzionale, stretching aggressivi o movimenti con grandi escursioni articolari potrebbero porre l’entesi in una situazione di compressione contro la tuberosità ossea su cui si inseriscono. Nel caso di tendinopatia mid-portion, i carichi tensivi sono i principali responsabili del mal-adattamento locale. Nel caso delle tendinopatie calcifiche, l’eccesso di carico e cause ancora poco conosciute legate al metabolismo del calcio determinano il depositarsi di acqua, carbonato e fosfato in zone avascolari15,16.
La tendinopatia è definita come un continuum di tre fasi definite reattiva, dysrepair e degenerativa9,10. La tendinopatia degenerativa rappresenta l’ultima fase.
Con l’avanzamento tra una fase e l’altra avvengono cambiamenti di natura istologica che impoveriscono le proprietà meccaniche del tendine11. Un tendine normale può sviluppare i sintomi a seconda di diverse condizioni:
- dopo un’esposizione a un ciclo di stress troppo elevato senza rispetto dei tempi di turnover del collagene;
- dopo un’esposizione a forze a cui la struttura non era abituata (tendine decondizionato o post chirurgia)9.
Possono essere presenti dei fattori di rischio che possono creare terreno fertile per l’instaurarsi della malattia, ma le variazioni di carico esterno sono il fattore chiave per la tendinopatia3. Tra questi abbiamo fattori di rischio intrinseci ed estrinseci. Nei primi rientrano l’età, la genetica, il sesso e comorbidità, tra i secondi il volume/intensità di allenamento ed errori nella programmazione dei carichi8.
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Tendinopatia: quali sono i sintomi?
La presentazione clinica tipica di una tendinopatia è caratterizzata da determinati sintomi:
- dolore localizzato nel tendine (ad esempio, dolorabilità al polo inferiore della rotula nella tendinopatia rotulea);
- dolore che si presenta durante attività di accumulo e rilascio energetico (ad esempio saltare, nel caso della tendinopatia achillea);
- dolore che diminuisce durante il riscaldamento e che può ripresentarsi il giorno seguente all’attività (ad esempio, dolore localizzato alla tuberosità ischiatica e sensazione di rigidità nell’inserzione prossimale dei muscoli ischiocrurali il giorno seguente a una corsa ad alta intensità, nel caso di tendinopatia prossimale degli ischiocrurali)12.
Trattamento tendinopatia
Una volta effettuata la diagnosi, il trattamento di una tendinopatia prevede un graduale recupero della funzione e della capacità di tolleranza al carico del tendine. Recenti evidenze mostrano che non esiste un tipo di contrazione superiore all’altro per il trattamento delle tendinopatie, è dunque da sfatare il mito che le contrazioni isometriche siano gli esercizi perfetti.
In uno dei più grandi trial clinici sul trattamento della tendinopatia rotulea si è osservato che un programma di rinforzo progressivo di 24 settimane ha mostrato outcome superiori sulla scala VISA-P e sul tasso di ritorno allo sport rispetto al gruppo trattato solo con esercizio eccentrico17. Possiamo dunque individuare un’alternanza di diverse fasi in cui il paziente avanzerà in base alla stabilizzazione dei sintomi.
Nelle prime fasi, in cui prevale l’irritazione, gli interventi saranno mirati alla riduzione del dolore tramite una diminuzione/gestione dei carichi di lavoro, inserimento di contrazioni isometriche, educazione e, se necessario, terapia farmacologica13.
Nella seconda fase, l’obiettivo è quello di recuperare progressivamente la forza dell’unità muscolo-tendinea tramite protocolli di carico intensi a esecuzione lenta14. Una volta ottenuti livelli di forza adeguati, vengono introdotti esercizi di forza funzionale e di accumulo energetico. Le attività di energy storage sono convertite in attività di potenza e di stretch-shortening cycle man mano che la struttura e la catena cinetica mostrino un adattamento positivo.
Nell’ultima fase, il paziente dovrà seguire un percorso di riabilitazione replicando quando più possibile tutte le richieste sport specifiche13.
Esempi di trattamento tendinopatie
Trattamento tendinopatia cuffia dei rotatori
Un esempio di trattamento per un atleta overhead che soffre di tendinopatia della cuffia dei rotatori potrebbe essere:
- inserire esercizi isometrici in direzione del movimento maggiormente compromesso cercando la baseline activity del paziente (per es. rotazioni esterne o alzate laterali isometriche);
- sviluppare un piano di rinforzo della spalla in catena cinetica chiusa e aperta (per es. strict press, rotazioni esterne con omero in abduzione, alzate laterali);
- programmare attività di forza funzionale e di accumulo energetico (per es. rallentare il lancio di una palla medica da parte del terapista con paziente in posizione supina);
- eseguire esercizi sport specifici con elementi di stretch-shortening cycle e continuare il rinforzo intenso e lento (heavy slow resistance training) delle strutture tendinee.
Nel caso in cui il nostro paziente sia un atleta di alto livello che non può sospendere i suoi allenamenti, in un periodo di competizioni, la gestione di questa patologia deve porre enfasi su elementi di monitoraggio del carico per concedere al paziente di proseguire le sue attività sportive senza fermarsi completamente. Sarà dunque di fondamentale importanza aiutare l’atleta a capire quando può proseguire e quando deve arrestare una sessione di allenamento.
L’irritabilità tendinea è dunque un concetto di supervisione che permette al terapista e allo sportivo di comprendere se l’intensità o il tipo di esercizio sono state ben tollerata dal tendine.
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Se si dovesse presentare un dolore superiore ai valori consueti durante la sessione, dopo la sessione o il giorno seguente, quel tipo di attività deve essere registrata come irritabile e potenzialmente rischiosa da usare in quel momento della stagione. Inoltre, nei casi in cui il tendine si mostri particolarmente sensibile, è possibile introdurre contrazioni isometriche per sfruttare meccanismi centrali di inibizione del dolore18.
È importante però ribadire il concetto che non esiste un tipo di contrazione superiore alle altre nella gestione di questa condizione. Le isometrie così come i protocolli ad carico Heavy Slow Resistance devono essere integrati in un percorso che curi a 360° tutte le proprietà meccaniche del tendine19.
Trattamento tendinopatia rotulea
Facciamo un esempio di trattamento per una tendinopatia rotulea in atleta di pallavolo.
La programmazione settimanale prevedere un alternanza delle sedute cercando di mantenere come tempo di recupero minimo tra una sessione di carico ad alta intensità (salti) e l’altra di almeno 3 giorni.
Una volta che il paziente arriverà in fase V, la settimana tipo potrebbe essere la seguente.
Lunedì | Martedì | Mercoledì | Giovedì | Venerdì | Sabato | Domenica |
Forza | Isometrie | Salti | Forza | Isometrie | Salti | Isometrie |
Chiaramente, la progressione all’interno delle diverse fasi prevede sia aumenti di carico esterno che interno (per es. eseguire le serie a gamba singola). Le contrazioni isometriche potranno essere usate nel riscaldamento o nei giorni dopo le sessioni di forza o di salto laddove queste provochino un’acutizzazione del sintomo. Sarà inoltre fondamentale inserire esercizi che curino il rinforzo della catena cinetica per migliorare la distribuzione dei carichi che avvengono al momento dell’atterraggio12.
Conclusione
Per concludere, possiamo affermare che la gestione di una tendinopatia è complessa e allo stesso tempo richiede sacrificio e compliance da parte del paziente. Per creare tale alleanza terapeutica è necessario che ci sia estrema chiarezza su:
- decorso clinico della patologia;
- importanza del fattore tempo;
- inutilità del solo utilizzo di terapia passive.
Il percorso che porta dalle capacità iniziali al pieno recupero della funzione può essere fatto di momenti in cui il dolore può riemergere e gettare il paziente nella frustrazione. È importante dunque ribadire il concetto che sia la pain education che l’esercizio terapeutico sono i due grandi pilastri del trattamento della tendinopatia.
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