Cisti di Baker: la fisioterapia è utile?
Ecco una guida per il fisioterapista su valutazione e gestione del paziente con cisti di Baker.
Le cisti di Baker sono comunemente associate a disordini muscoloscheletrici del ginocchio come l’osteoartrite e le lesioni meniscali. Pertanto, risulta molto comune venirne a contatto nella pratica clinica del fisioterapista.
Dal punto di vista epidemiologico, la cisti di Baker (o cisti poplitea) è presente nel 3-37% dei casi in soggetti adulti asintomatici (1, 2), presenta però due diverse distribuzioni con picchi nell’età adolescenziale e nell’età adulta. Nell’età adolescenziale, essa è rara e spesso non correlabile a cause specifiche (viene scoperta per caso durante esami o visite di routine). In età adulta, invece, può essere fonte di dolore posteriore di ginocchio e nel 94% dei casi si associa a problemi intrarticolari quali lesioni meniscali, osteoartrite, lesioni cartilaginee, artrite infiammatoria e lesione del crociato anteriore (3).
Cos’è la cisti di Baker?
La cisti di Baker o cisti poplitea corrisponde a una preesistente borsa (ovvero quella presente tra il gastrocnemio mediale e il semimbranoso) che si riempie di liquido infiammatorio. Istologicamente, il tessuto sinoviale della cisti mostra un evidente fibrosi sostenuta da un’infiammazione cronica aspecifica (4, 5). All’interno di una cisti poplitea è infatti possibile notare la presenza di macrofagi con polietilene fagocitato affiancati da molecole pro-infiammatorie (6).
La borsa comunica direttamente con l’articolazione del ginocchio attraverso un’apertura della capsula posteriore sul versante del condilo mediale, ed è proprio questa peculiarità anatomica a permettere un meccanismo a valvola per il quale, in presenza di uno stato infiammatorio, si verifica un’effusione che riempie la borsa di liquido.
L’aspetto particolare di questa valvola è quello di essere a senso unico, ovvero può gonfiarsi ricevendo liquido dal ginocchio ma non può sgonfiarsi cedendolo (4). Dal momento che nella maggior parte delle patologie di ginocchio sussiste un gonfiore, allora questa borsa ha il ruolo protettivo di ridurre la pressione intrarticolare del ginocchio. Non a caso, maggiore è il gonfiore del ginocchio, maggiore è l’ampiezza della cisti (7, 8).
Quali sono le cause dell’insorgenza di una cisti di Baker?
Durante l’età adoloscenziale, la causa più probabile che sembra giustificare la presenza di una cisti di Baker (o sindrome di Baker) è quella meccanica, ovvero un’irritazione locale tra i tendini del semimembranoso e del gastrocnemio mediale. I bambini che presentano una cisti di Baker infiammata dietro al ginocchio, però, potrebbero nascondere anche patologie più gravi che saranno discusse più avanti.
Per quanto riguarda l’età adulta, invece, la cisti al ginocchio è quasi sempre (nel 94% dei casi) associata a una patologia intra-articolare del ginocchio. Le più comuni sono l’osteoartite e la lesione meniscale (9). Anche nell’età adulta urge però svolgere un attento processo di diagnosi differenziale, dal momento che potrebbe essere un campanello d’allarme per patologie più gravi.
Particolare attenzione va data alla rottura della cisti di Baker, la quale crea un importante dolore posteriore al ginocchio del paziente associato a un evidente gonfiore nella gamba, che necessita di un immediato referral medico (10).
Cisti di Baker: diagnosi e trattamento
Come si cura la cisti di Baker? Generalmente, tra i bambini la ciste di Baker viene scoperta occasionalmente durante visite o esami di routine o da parte dei genitori durante la quotidianità. In questa popolazione specifica (al di sotto dei 15 anni), essendo totalmente asintomatica, il bambino non viene trattato ma solo monitorato nel tempo dal medico di riferimento. Il trattamento in questo caso prevede la rassicurazione dei genitori e il monitoraggio nel tempo della condizione clinica, dal momento che la maggior parte di queste problematiche regredisce naturalmente fino a guarire (11).
Nonostante ciò, nei bambini la cisti di Baker (seppur raramente) potrebbe essere espressione di una patologia sottostante più seria, come ad esempio l’osteocondrite dissecante o l’artropatia (sieronegativa o positiva), così come una semplice lesione meniscale (12).
Tipicamente, negli adulti la presentazione clinica di una cisti di Baker è caratterizzata da un vago dolore posteriore al ginocchio, possibile gonfiore ben localizzato e una sensazione di tensione nella regione poplitea. Nel 94% dei casi è trovata in associazione a un’anamnesi positiva per problemi intrarticolari come lesioni meniscali, osteoartrite, lesioni cartilaginee, artrite infiammatoria e lesione del crociato anteriore.
All’esame obiettivo, il clinico può ritrovare una massa palpabile nella regione mediale o laterale della fossa poplitea (si nota una cisti dietro al ginocchio), tendenzialmente rotonda che si tende con l’estensione del ginocchio mentre si detende a 45° di flessione (Foucher’s sign) (13, 14). Alla richiesta di movimento attivo, il paziente potrebbe presentare una limitazione in massima flessione e in massima estensione di ginocchio (segni che entrano chiaramente in diagnosi differenziale con una lesione meniscale).
Essendo una massa palpabile, il primo obiettivo della diagnosi differenziale deve essere quello di escludere patologie gravi in primo luogo tumorali, così come patologie circolatorie (trombosi venosa profonda e aneurisma popliteo) e infine una cisti gangliare (15, 16, 17).
Numerosi sono gli esami diagnostici che possono essere utili nel confermare la diagnosi. Il gold standard è la risonanza magnetica, che permette di studiare eventuali patologie intra-articolari concomitanti e di monitorarle. È comunque consigliabile l’ecografia in quanto meno dispendiosa e più fruibile (18, 15).
Il trattamento di prima scelta per la gestione di una cisti di Baker sintomatica è quello conservativo, basato sullo svolgimento di una riabilitazione impairment-based affiancata dall’utilizzo di farmaci per via infiltrativa (corticosteroidi), il quale dovrebbe essere protratto per almeno 6 settimane (19).
Se il trattamento conservativo dovesse fallire allora è consigliabile il trattamento chirurgico mini-invasivo mirato all’aspirazione eco-guidata del liquido intra-articolare (affiancata da un’infiltrazione da corticosteroidi) che ha mostrato un ottimo successo e minimi rischi (19, 20). Qualora il trattamento mini-invasivo della cisti non sia sufficiente, allora si può procedere all’escissione chirurgica in via artroscopica.
Un trattamento che prevede però la sola escissione chirurgica della cisti di Baker senza la riparazione delle lesioni intra-articolari tende a generare recidive, pertanto è consigliabile affiancare quest’ultimo all’escissione. Infine, sembra che un elevato danno condrale sia correlato a un peggiore outcome post-chirurgico (21, 22).
Per quanto concerne la chirurgia, per cisti di piccole dimensioni potrebbe essere usato un approccio postero-mediale ridotto. Per cisti di dimensioni maggiori dovrebbe essere usato l’accesso postero-mediale esteso. Esistono anche altri trattamenti che prevedono la chiusura o il debridment artroscopico del meccanismo valvolare della cisti, ma non essendo stati studiati a sufficienza non possono ancora essere raccomandati.
Cisti di Baker: la fisioterapia è utile?
Una volta escluse cause vascolari o neuropatiche o eventuali patologie gravi, il trattamento per le prime 6 settimane deve essere di tipo conservativo e non chirurgico. La fisioterapia per la gestione della cisti di Baker è estremamente utile per promuovere l’elasticità del ginocchio riducendone la rigidità, mantenendo l’escursione completa del movimento in base a un approccio di tipo impairment-based.
Al fianco della fisioterapia, può essere utile procedere con un trattamento farmacologico basato sull’infiltrazione di corticosteroidi aventi il duplice effetto di ridurre l’ampiezza della cisti e il dolore (19). Solo al fallimento della terapia conservativa (fisioterapica e farmacologica), dopo 6-8 settimane, si può pensare a un trattamento artroscopico.
Come detto in precedenza, il trattamento artroscopico, per avere un migliore effetto, deve prima curare la patologia intra-articolare del ginocchio, dopodiché svolgere un’aspirazione del liquido intra-articolare.
Conclusione
È comune trovarsi di fronte a una cisti di Baker nella pratica clinica fisioterapica. Una volta riconosciuta attraverso la valutazione anamnestica e l’esame obiettivo è necessario svolgere un’accurata diagnosi differenziale per patologie gravi di cui la cisti potrebbe essere un campanello d’allarme.
Una volta attestato che la cisti deriva da esiti di patologie muscoloscheletriche, allora è necessario impostare un trattamento impairment based sulla patologia intra-articolare di cui il paziente soffre, affiancando l’intervento riabilitativo a un intervento farmacologico infiltrativo.
Passate 6 settimane è necessario rivalutare la condizione clinica del paziente e, se il dolore e il gonfiore sono persistenti, allora bisognerà riferire quel paziente a un medico che procederà a un intervento mini-invasivo di aspirazione e infiltrazione. Solo al fallimento di questo ulteriore passaggio si potrà considerare l’escissione chirurgica, che non escluderà comunque le recidive.
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